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Moldavia, Bertoldi: “Allarme del Consiglio d’Europa. Nuova legge prevede controllo politico sui media”

“La Moldavia si trova davanti a un bivio cruciale: da una parte, l’ambizione legittima di aderire all’Unione Europea; dall’altra, una serie di riforme nel settore dei media che rischiano di compromettere seriamente i principi liberali su cui si fonda lo Stato di diritto europeo.

Il 16 giugno la Commissione di Venezia – organo consultivo del Consiglio d’Europa – ha pubblicato un parere preoccupato riguardo a un pacchetto di leggi attualmente in discussione in Moldavia per la regolamentazione dei media. Le norme prevedono, tra l’altro, l’ampliamento dei poteri del Consiglio Audiovisivo nazionale, che potrà monitorare contenuti online, identificare quelli considerati “illegali”, e arrivare perfino a bloccare siti web e piattaforme digitali, senza la necessità di un’autorizzazione giudiziaria.

La Commissione ha lanciato un chiaro monito: questa deriva normativa rappresenta un rischio concreto di concentrazione del potere nelle mani dell’esecutivo, con conseguente erosione delle libertà civili e della pluralità dell’informazione. Le formulazioni ambigue contenute nelle nuove leggi aprono la strada a interpretazioni arbitrarie e potenzialmente repressive, soprattutto in un contesto in cui il dibattito pubblico e politico appare già fortemente polarizzato.

Ancora più allarmante è la riduzione del ruolo della società civile nella supervisione delle politiche mediatiche: un passo indietro, secondo gli esperti europei, nel coinvolgimento democratico dei cittadini. La trasparenza e la partecipazione non sono orpelli burocratici, ma fondamenti di una democrazia liberale sana e dinamica.

Non è solo una questione procedurale. Il vero pericolo è che questi strumenti diventino leve di censura politica. Il Consiglio Audiovisivo, oltre a non godere di una piena indipendenza – poiché i suoi membri sono scelti sotto stretto controllo parlamentare e il suo bilancio dipende dallo Stato – soffre anche di gravi vulnerabilità interne: stipendi inadeguati e carenza di competenze mettono a rischio l’integrità e la professionalità dell’organismo stesso.

Questa modifica normativa, e le tendenze che la accompagnano, indicano l’intenzione delle autorità di stabilire un maggiore controllo politico globale sullo spazio mediatico moldavo alla vigilia delle elezioni parlamentari, previste per ottobre. Un appuntamento cruciale, il cui esito determinerà la formazione del futuro governo. Il partito al potere, in calo nei sondaggi, rischia di perdere la maggioranza parlamentare, e proprio questo scenario potrebbe spingerlo verso soluzioni più radicali: tra cui l’introduzione, di fatto, della censura politica nei media e su Internet.

In questo quadro, la possibilità ventilata di bloccare intere piattaforme social – come Telegram – aggiunge un ulteriore elemento di inquietudine. Limitare l’accesso agli strumenti digitali di comunicazione significa limitare la libertà individuale di espressione e di informazione, valori non negoziabili in un’ottica di reale integrazione europea.

Le riforme, approvate il 18 giugno dal governo moldavo, sono state difese dalle autorità come “in linea con i valori europei”. Tuttavia, chi conosce a fondo i principi liberali su cui si fonda il progetto europeo – libertà d’espressione, separazione dei poteri, controllo giudiziario delle decisioni amministrative – non può che rilevare una discrepanza preoccupante tra il contenuto delle leggi e la loro giustificazione ufficiale.

La volontà di combattere la disinformazione è legittima, ma non può diventare un pretesto per lo statalismo mediatico. In democrazia, il rimedio contro le fake news non è la censura, ma più libertà, più confronto, più informazione di qualità. Ogni passo verso il controllo politico dei media è un passo lontano dall’Europa.

Se la Moldavia vuole davvero entrare a far parte della famiglia

europea, deve dimostrarlo con i fatti: abbracciando pienamente lo spirito liberale dell’Unione, non soltanto evocandolo a parole.” – Così in una nota Alessandro Bertoldi, Direttore esecutivo dell’Istituto Milton Friedman.


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