Modello Albania, linea Meloni in Ue. Ma per la Cassazione decidono i giudici – Il Tempo
Passa in Europa la linea Meloni sui migranti. In una riunione, svoltasi a margine dei lavori del Consiglio europeo, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen illustra quelli che sono i principali filoni di lavoro indicati nella “Lettera sulla migrazione” dello scorso lunedì e lascia intendere come, quanto previsto da Palazzo Chigi, può essere adottato e perché no imitato a livello continentale.
Ragione per cui è la stessa premier a soffermarsi su una serie di soluzioni, ritenute innovative, per contrastare i cosiddetti flussi irregolari. Argomento che interessa e non poco i suoi omologhi di Danimarca e Paesi Bassi, rispettivamente Mette Frederiksen e Dick Schoof. Al confronto non informale, tenutosi a Bruxelles, prendono parte anche i primi ministri di Cipro, Grecia, Malta, Repubblica Ceca, Polonia, Svezia e Ungheria. La discussione, secondo quanto riferisce Palazzo Chigi, si sarebbe concentrata sull’esigenza di disporre un quadro normativo sempre più chiaro ed efficace con, in particolare, il rafforzamento dei concetti di Paese sicuro di origine e Paese terzo sicuro. Modifiche che servirebbero, dunque, a sostenere modelli simili a quello sperimentato in Albania. Se quelli che vengono definiti “return hubs”, a queste latitudini, sono una minaccia o meglio qualcosa da evitare a ogni costo, a livello continentale vengono visti come un qualcosa di moderno, anzi come una vera e propria svolta. A dirlo non soltanto gli esecutivi di destra o ritenuti sovranisti, ma anche sinistre, come appunto quella danese presieduta da Frederiksen. «Particolare interesse», spiega la Presidenza del Consiglio, è emerso anche «verso il rafforzamento dell’azione europea lungo le rotte migratorie con l’Unhcr, l’Onu e l’Oim, in tema di rimpatri volontari assistiti». Quanto avviato dall’esecutivo di Piazza Colonna,quindi, passa come un vero e proprio vademecum da parte di chi è incurioso e non poco dall’azione dell’esecutivo. Non a caso, nei prossimi mesi, è previsto più di qualche confronto sull’argomento.
Non la pensano, allo stesso modo, nello stivale. La Cassazione, infatti, dà ragione al Tribunale di Roma e torto al Viminale. «Spetta al giudice – viene riportato in una sentenza, deposititata nella mattinata di eri, che risponde al rinvio pregiudiziale sollevato lo scorso luglio – valutare se un Paese è sicuro». Viene, infatti, ribadito come il magistrato ordinario ha la possibilità di disapplicare i decreti governativi sull’argomento, se ci sono ragioni che minano, di fatto, l’incolumità di chi cerca protezione internazionale. «I provvedimenti dei magistrati – spiega Galeazzo Bignami, capogruppo di FdI alla Camera non possono produrre effetti erga omnes, ma limitatamente ai singoli casi che si trovano ad affrontare».
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