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Moda vegana: a che punto siamo? E, soprattutto, è davvero possibile?

La maison Gucci, sotto la precedente direzione creativa di Alessandro Michele, introdusse invece la sneaker vegana Demetra, realizzata con pasta di legno e alluminio riciclato. L’allora CEO Marco Bizzarri commentò così la nuova scarpa a Business of Fashion: «Demetra rappresenta una nuova categoria di materiali che incapsula la qualità e gli standard estetici di Gucci, in connubio con il nostro desiderio di innovarci ed elevare le nostre abilità tradizionali per creare un futuro più evoluto».

Ancora, nello stesso anno, la casa di moda Ganni – da sempre attenta alle alternative sostenibili e diretta da Ditte Reffstrup – introdusse Vega, una tipologia di pelle naturale provenienti dall’uva e dagli scarti dell’industria del vino. Dulcis in fundo, nel 2022, interessante è stata la proposta della maison Balenciaga: il primo cappotto in EPHEA, il rivoluzionario materiale a base di funghi.

Ditte Reffstrup direttrice creativa di Ganni  saluta il pubblico dopo la sfilata.

Ditte Reffstrup, direttrice creativa di Ganni (al centro), saluta il pubblico dopo la sfilata.

Victor VIRGILE/Getty Images

Rivoluzionario invece è il caso di VitroLabs Inc, azienda focalizzata sulla produzione di pelle in laboratorio. Come raccontato lo scorso anno a British Vogue, VitroLabs Inc utilizza le cellule della mucca per ottenere una tipologia di materiale di ottima durata e che ha persino lo stesso odore della pelle animale. «Al momento ci stiamo lavorando in piccola scala – aveva dichiarato la CEO e co-founder Ingvar Helgason alla fonte. – La sfida più grande sarà costruire il nostro sistema manufatturiero: non ne è mai stato creato uno prima d’ora».

Non tutto è oro ciò che luccica

Non si può parlare di moda vegana senza considerare però anche gli aspetti critici del fenomeno. Se c’è chi è ben disposto a pagare di più per pellami non di origine animale, è anche vero che una fetta di mercato resta esclusa a prescindere (perché non investirebbe in budget elevati neppure per acquistare una borsa firmata in pelle animale). L’alternativa sarebbe quindi solo il poliestere? Se la risposta fosse sì, si cadrebbe inevitabilmente nell’incoerenza: la scelta sarebbe sì vegana, ma certamente non sostenibile nei confronti dell’ambiente.

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Pelle, ecopelle, similpelle, pelle vegan: sicuri di sapere di cosa parliamo?

È arrivato il momento di fare chiarezza. Se con il termine «ecopelle» pensate di riferirvi a qualcosa di derivazione non animale, sbagliate. Ebbene sì, l’ecopelle è pelle. Ma anche «similpelle» o «pelle vegana» sono termini spesso usati in maniera impropria. Ecco una guida per sfatare falsi miti e comprendere quali materiali siano davvero eco-friendly e cruelty free

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A rincuorare però è anche l’interesse che i marchi low cost hanno iniziato a maturare verso il settore. Nel 2019, ad esempio, New Look è stato il primo brand del Regno Unito a ottenere la certificazione Vegan Trademark (è stata introdotta nel 1990 da The Vegan Society) diversificando la propria offerta di prodotti moda. Anche H&M, nel 2021, ha lanciato una collezione realizzata con pelle derivata dalle fibre di cactus. Ancora, nello stesso anno, adidas ha introdotto la celebre sneaker Stan Smith in pelle derivata dai funghi. Una rivoluzione – anzi, evoluzione – conquistata decisamente a piccoli passi. Piccoli ma decisi.


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