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Missione dell’Italia in Niger contro la minaccia jihadista e il traffico di uomini

“La missione in Mauritania, Senegal e Niger è servita a rafforzare il ruolo dell’Italia in Africa”, dichiara via telefono al Giornale, sul volo di ritorno, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Assieme al vicepremier c’era anche il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. L’Italia “conta sul Niger per garantire la stabilità dell’Africa subsahariana” è il messaggio da Niamey dove Roma si propone come “portavoce” in Europa e in tutto l’Occidente. In Niger, la tappa più delicata, l’Italia fa da apripista rispetto all’immobilismo dell’Unione europea, che in nome del politicamente corretto non vuole avere a che fare con la giunta arrivata al potere con un colpo di stato nel 2023.

Questa almeno la posizione ufficiale, ma in realtà sono i francesi ad esercitare pressione su Bruxelles per tenere al bando i golpisti dell’area del Sahel, che hanno sbattuto fuori la Grandeur strizzando l’occhio alla Russia. L’Italia è l’unico paese occidentale rimasto in Niger con un contingente militare di 350 uomini e la visita dei due ministri sancisce che “è cruciale sostenere questa amicizia per garantire la stabilità della regione, combattere l’immigrazione clandestina e il terrorismo”. Al contrario, rompere i ponti, significherebbe abbandonare il paese fra le braccia dei russi e rischiare di aprire le porte ai gruppi jihadisti sempre più aggressivi. Una settimana fa un missionario laico americano è stato rapito in Niger e portato nel vicino Mali. La Casa Bianca potrebbe ordinare un blitz dei corpi speciali per liberare l’ostaggio.

Il Niger ha registrato, nell’ultimo anno, un aumento degli attacchi dello Stato islamico e di Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin (Jnim), costola di al Qaida nella regione, talvolta anche coordinati in una specie di alleanza del terrore. Il risultato è che alcune unità di soldati nigerini si sono ammutinate lamentando l’insufficienza degli equipaggiamenti. Non solo: “A seguito del crescente e significativo blocco dell’afflusso di carburanti su tutti gli assi stradali verso il Mali, a opera di gruppi terroristici, si registra una grave penuria in tutto il Paese, con impatti significativi sull’erogazione di elettricità, che potrebbe causare un ulteriore peggioramento del quadro di sicurezza anche nella capitale Bamako” si legge in una nota della Farnesina, che ha invitato gli italiani a lasciare il paese. La nostra intelligence segnala che se le forze jihadiste metteranno in crisi il Mali le prossime “vittime” saranno il Burkina Faso ed il Niger.

Tajani e Piantedosi hanno incontrato a Niamey il presidente nigerino, Abdourahamane Tchiani, il premier Ali Mahaman Lamine Zeine, il responsabile degli Esteri, Bakary Yaou Sangaré e il ministro dell’Interno, Mohamed Boubacar Toumba. “Abbiamo rilanciato la disponibilità ad ogni forma di collaborazione secondo quella che è la specificità italiana, di condividere i problemi con questi Paesi. E ci è stato fortemente richiesto il rafforzamento della formazione del personale della polizia ” ha dichiarato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. “L’Italia conta moltissimo sul ruolo del Niger per garantire stabilità dell’area sub-sahariana – ha sottolineato Tajani – vogliamo contribuire alla lotta contro il terrorismo, l’immigrazione irregolare e siamo pronti a rinforzare la cooperazione anche a livello economico in tanti settori, sia estrattivo, sia agricolo, facendo degli accordi che siano positivi economicamente e utili sia per noi che per il Niger”.

La regione di Agadez è un crocevia del traffico di esseri umani, armi e droga. I migranti proseguono verso la Libia e la situazione si sta aggravando con la feroce guerra in Sudan. Nel 2024 oltre 3,8 milioni di persone sono passate dal Niger, con 1,5 milioni in uscita. Il paese è infiltrato da gruppi jihadisti su più fronti: al confine con la Libia opera la costola dello Stato Islamico della regione del Fezzan, la più meridionale rispetto a Tripoli. A Sud Est è attiva un’altra branchia dell’Isis che deriva dai terroristi di Boko Haram. Attorno alla capitale, nella zona ad alto rischio dei tre confini, è attiva una coalizione affiliata ad al Qaida (Jnim) di Mali, Burkina Faso e Niger, la formazione jihadista più forte. Ed è presente pure lo Stato islamico della provincia del Sahel.
Il primo ministro è convinto che i francesi, cacciati dal Niger, finanzino l’insorgenza jihadista per fare crollare la giunta al potere. L’Italia favorisce in sede europea un approccio flessibile e pragmatico verso il Niger, che punta a mantenere l’impegno strategico nel contrasto all’immigrazione illegale e alla minaccia jihadista.

La Francia si oppone con forza bloccando qualsiasi riavvicinamento alle giunte golpiste dell’area Subsahariana, che hanno cancellato la storica presenza di Parigi. Anche gli americani ed i tedeschi hanno dovuto andarsene da Niamey, ma noi siamo rimasti con la Missione Italiana di Supporto in Niger (Misin) composta da 350 militari al comando del generale Ivan Cioffi. Dal 2018 abbiamo addestrato 11.459 militari nigerini dai paracadutisti alla Gendarmeria nazionale fino alla polizia e la Guardia presidenziale. La Difesa ha fornito 4 elicotteri Leonardo AB 412, ma sono tutti in manutenzione in Italia o in Niger. Nonostante l’instabilità e la tensione nel primo semestre dell’anno si registra una ripresa dell’interscambio che arriva a a 395 milioni di euro.

Il Niger punta ad attrarre investimenti nell’industria mineraria, che vanta abbondanti riserve di oro e uranio, ma l’avanzata jihadista in Mali e l’aumento dei profughi dal Sudan sono fattori destabilizzanti, che ci riguardano da vicino. Se il paese piombasse nelle grinfie dei terroristi islamici o sprofondasse nell’anarchia diventerebbe ancor più la porta d’ingresso dei migranti in Libia che poi si imbarcano verso Lampedusa.


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