Trentino Alto Adige/Suedtirol

Mezzolombardo, i primi vent’anni di un ristorante senza tempo. Dove il titolare sogna che tutti pranzino insieme – Lavis e Rotaliana



MEZZOLOMBARDO. “Casa Nardon” compie 20 anni. Un importante traguardo per il ristorante senza tempo di Mezzolombardo, unico nel suo genere. Senza tempo, perché quando entri aprendo una classica porta d’ingresso originale anni ottanta di vetro e lamiera con maniglia girevole, ti ritrovi in una dimensione irreale fatta di parti di arredamento tutte diverse tra loro, foto in serie di Marilyn Monroe, vecchi giradischi e oggettistica varia: ed il tempo si ferma agli anni ottanta.



Paolo Nardon di Lavis porta avanti il suo ristorante sia come cuoco che come cameriere, ma anche come intrattenitore perché il suo sogno sarebbe di creare all’interno di Casa Nardon una community: «Non mi piace vedere la gente seduta ai tavoli non parlarsi, ma guardare sempre il cellulare per alzare gli occhi solo quando ordinano o quando arrivano le portate. Mi piacerebbe che la gente dialogasse anche tra tavoli con la sala da pranzo a trasformarsi in un’occasione d’incontro».

Ma come nasce “Casa Nardon”? «Fu un regalo dei miei genitori, ma l’idea fu della mamma, che per il mio diciottesimo compleanno decisero di regalarmi questo fabbricato: l’ultimo di via Fiorini. Dei loro tre figli, ero il più scapestrato e la mamma voleva che trovassi stabilità. Compriamo casa, ma i soldi che avevo li finisco nella ristrutturazione».

Possiamo dire ristorante pronto, ma solo in piedi: “Proprio così. Per far fronte al problema ho iniziato a raccogliere da parenti ed amici tutto quello che non serviva più: tavoli, sedie, soprammobili… tutto era buono per attrezzare il ristorante. Ma tutto quello che c’è ha una sua storia: è cosa viva, non morta. Mi hanno regalato una vecchia enciclopedia che ho utilizzato per realizzare un portalampade. E’ per questo che nell’arredamento non c’è nulla di uguale, ma a me piace molto».



La passione per la cucina com’è nata? «Direi figlio d’arte. I miei genitori aprirono a Mezzolombardo la pasticceria “Nardon e Dalvit” che lasciarono per un ristorante a Palù di Giovo: è lì che dopo la teoria della scuola ho imparato la pratica».

Una particolare simpatia per Marilyn Monroe. «Per me è un esempio di come la gente si fermi all’esteriorità e non cerchi nemmeno di capire cosa provano le persone. Per essere quella che appariva, Marilyn ha indossato tante maschere ed ha accontentato tutti, nessuno ha cercato di andare oltre, di capirla realmente».

Col lavoro che fa succede che indossi delle maschere? «Mai perché alla mia sincerità e spontaneità non rinuncio per nessuna ragione. Dirò di più. Se un cliente comincia a fare battute o semplicemente sento che non siamo in sintonia, non lo servo. Non rinuncerei mai ad essere me stesso per uno scontrino in più».

Che definizione darebbe alla sua “Casa Nardon”? «Un casino in un’oasi deserta, ma dove c’è tanto amore».




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