Ambiente

Meglio tradurre un autore straniero che pubblicare un italiano


Diverse presentazioni degli scrittori del programma ufficiale non hanno avuto quasi pubblico, specialmente quel pubblico di agenti ed editori che è la forza di una fiera business to business. Una grande occasione mancata, mormoravano alcuni editori, sostenendo che l’Italia si fosse mossa troppo tardi per cercare di coinvolgere i professionisti che avrebbero potuto condurre a una traduzione degli autori italiani. Aggiungevano anche che a loro conviene di più tradurre un autore straniero che usufruisce del sostegno alla traduzione del suo Paese, che portare avanti un italiano, sul quale oltretutto difficilmente guadagneranno vendendo i diritti all’estero, poiché gli aiuti alla traduzione italiani sono pochi e complicati da avere.

Questi, dal 2020, ammontano a circa un milione l’anno. «Come la maggior parte delle editorie evolute al mondo, anche noi abbiamo un sistema di aiuti alla lettura – spiega il direttore dell’Associazione italiana editori, Fabio Del Giudice -. Risale agli anni Novanta e fa capo al ministero degli Esteri. Eroga circa 600mila euro l’anno agli editori stranieri che fanno domanda perché stanno per acquistare i diritti di un autore italiano. Se la Farnesina valuta che la richiesta è ammissibile eroga una percentuale che varia tra il 30 e il 75% di contributo rispetto al costo di traduzione (altri Paesi come la Francia o la Spagna non erogano una percentuale dei costi, ma l’integralità, se non supera una certa cifra, altro fattore che potrebbe rendere la nostra letteratura meno competitiva, ndr). Il bando è annuale, dunque se si fa domanda quando se ne è appena chiuso uno ci vuole fino ad un anno per avere i soldi (i francesi invece lavorano a sportello, fino a che i fondi non finiscono). Ma il sistema oggi è diventato molto più efficiente rispetto al passato, quando soffriva di lentezze burocratiche e altri problemi».

«Nel 2020, un anno complicato – prosegue De Giudice – il ministero dei Beni culturali, e in particolare il Centro per il libro e la lettura (Cepel), ha deciso di mettere a disposizione dei soldi per finalità analoghe, circa 400mila euro l’anno. Solo che il Cepel non può pagare soggetti esteri, dunque si è pensato un altro sistema, ovvero che – sempre sulla base di un contratto di cessione dei diritti – fosse l’editore italiano a fare domanda, in nome e per conto dell’editore straniero. Quando l’editore italiano riceve conferma che il finanziamento sarà erogato anticipa i soldi all’editore straniero e poi chiede al Cepel di farsi rimborsare quei soldi. Questo ha generato qualche problema perché non tutti gli editori, specialmente i più piccoli, sono in grado di anticipare i soldi, ma è l’unico modo che è stato trovato per potenziare il sistema di contributi e a mio parere resta un sistema efficace».

Gli aiuti alla traduzione negli altri Paesi

Un milione di euro l’anno non sono però molti di fronte ad esempio alla Svizzera che, pur essendo un piccolo Paese con solo 8,7 milioni di abitanti, investe la stessa cifra; o alla minuscola Islanda, con i suoi 378mila abitanti, che mette a disposizione 200mila euro l’anno; alla Francia, che solo tra gli aiuti del ministero degli Esteri e quelli del Centre national du livre, nel 2023 ha stanziato un milione e 200mila euro, oltre a organizzare molte ed efficaci – a detta degli editori – attività di promozione, e ad essere avvantaggiata dal fatto che il francese è una lingua molto conosciuta nel mondo. Un milione di euro l’anno sono meno di quelli messi a disposizione dalla Spagna e molti meno di quelli che investe la Corea del Sud: addirittura 19 milioni di euro l’anno (Paese che due settimane fa ha vinto il Nobel per la Letteratura).


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