Economia

Mediobanca, inizia l’era Mps “Scriviamo un altro capitolo”

MILANO – Inizia la nuova era della Mediobanca controllata da Mps. L’assemblea ieri mattina, in modalità remota, in un’ora ha rinnovato il vertice, che per tre anni avrà per presidente Vittorio Grilli e Alessandro Melzi d’Eril ad. Li ha nominati la banca senese che detiene l’86,3% del capitale dopo l’Opas da 13,5 miliardi conclusa un mese fa. Alla riunione partecipava l’88,9% del capitale.

I 12 nomi, contro 15 uscenti, sono tutti nuovi ed espressi dal socio di maggioranza. Oltre al presidente venuto da Jp Morgan al posto di Renato Pagliaro, e all’ex ad di Anima Sgr che sostituisce Alberto Nagel, entrano in cda Paolo Gallo, ad di Italgas; Tiziana Togna, ex vice dg della Consob; Federica Minozzi, ad di Iris Ceramica; Andrea Zappia, ex ad di Sky Italia; il legale Giuseppe Matteo Masoni; l’ex segretario di Fondazione Crt, Massimo Lapucci; la sindaca di Snam, Ines Gandini; le manager di Mps Donatella Vernisi e Silvia Fissi. Infine Sandro Panizza, ex risk manager di Generali e unico già in consiglio, ora promosso vicepresidente.

Anche gli altri punti all’odg sono passati (bilancio, dividendo, nuove remunerazioni), ma il socio Mps ha mandato un segnale critico astenendosi sull’informativa sui compensi corrisposti nel 2024-2025.

Dopo l’assemblea il cda si è riunito in Piazzetta Cuccia, per attribuire le deleghe al nuovo capo. «Oggi iniziamo a scrivere insieme un nuovo capitolo della storia della banca, sono certo che sarà ricca di successi grazie al contributo di tutti noi – ha scritto in un messaggio ai 5.500 dipendenti Melzi d’Eril -. Sono emozionato e onorato di assumere questa carica in un gruppo che è al centro del sistema finanziario del Paese da decenni, grazie all’indiscussa qualità e dedizione di chi ci lavora». Per il dirigente milanese la giornata è continuata con alcune riunioni operative e di confronto con le prime linee. In mattinata erano arrivati l’ad di Mps, Luigi Lovaglio («Sono qui per un saluto al cda») e il presidente, Nicola Maione («Saluti di buon lavoro»). Hanno pranzato con il nuovo consiglio, che rompe la prassi in corso dal 1987, quando Enrico Cuccia privatizzò la banca svincolandosi dalle tre Banche d’interesse nazionale.

Da allora Mediobanca ha una governance da public company, con molta autonomia per i manager: compresi Pagliaro e Nagel, che erano in sella dal 2003 e da cinque anni tenevano testa ai nuovi soci forti Delfin e Caltagirone. Ieri quel mondo è finito. Lo conferma l’anticipo del cda di Mediobanca sui dati trimestrali (dal 10 al 5 novembre, per non scavalcare la capogruppo Mps che si riunisce il 6) e la convocazione di un’altra assemblea straordinaria al 1° dicembre, per modificare lo statuto agli art. 3 («inclusione nel gruppo Mps») e 31 («chiusura dell’esercizio al 31 dicembre»). Niente più bilanci al 30 giugno, né assemblea il 28 ottobre, voluta da Cuccia per dover lavorare nella ricorrenza della marcia fascista su Roma. Mediobanca, conquistata dai senesi (e dai romani, c’è ancora il Tesoro in Mps), si allinea.

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