Trentino Alto Adige/Suedtirol

Medicina senza test d’ingresso, l’Università di Trento studia un piano anche logistico – Cronaca



TRENTO – C’è il via libera alla riforma per l’accesso a Medicina. Il Ministero ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l’atteso decreto attuativo, con una serie di indicazioni pratica e concrete, utili sia alle Università sia agli studenti. Anche se dubbi e punti di domanda logistici e organizzativi restano. Il tradizionale test d’ingresso nazionale è abolito, ma in realtà lo sbarramento (o numero chiuso) è solamente rinviato nel tempo: nasce infatti il cosiddetto «semestre filtro», al quale ogni studente – senza alcun limite – potrà iscriversi.

E quindi ogni Università con Medicina dovrà garantire a tutti almeno questo periodo di lezioni. «Sicuramente metteremo in atto quanto previsto», fa sapere l’Università di Trento, che si è presa qualche giorno di tempo per leggere, studiare e analizzare il decreto. Nei corridoi del rettorato si parla di una situazione fluida, in evoluzione da mesi, ma che ora ha una serie di dettagli operativi in più.




Prima un rapido riassunto: il Ministero ha previsto che chiunque possa iscriversi (entro luglio) al semestre filtro, che andrà dall’1 settembre al 30 novembre. Le materie saranno solo 3: Chimica e propedeutica biochimica, Fisica e Biologia. Poi la selezione: solo chi supererà gli esami previsti (in contemporanea in tutta Italia, due appelli, uno nella seconda metà di novembre e uno nella prima metà di dicembre) e otterrà un punteggio sufficiente nella successiva graduatoria di merito nazionale potrà immatricolarsi, accedere al secondo semestre e proseguire il percorso di studi nella sede universitaria scelta in fase di iscrizione. Che non necessariamente sarà quella dove ha scelto di svolgere il semestre.

Ancora: ogni esame consisterà in 31 domande (15 a risposta multipla e 16 con modalità a completamento), con il punteggio massimo che sarà quindi di 93 punti. Ancora: come accennato lo studente dovrà iscriversi a Medicina entro luglio – la data non c’è ancora -, indicando sia la sede in cui svolgerà il semestre aperto, sia le 10 sedi in cui spera di entrare in base alla successiva graduatoria nazionale. Chi non entrerà in graduatoria potrà ripiegare su un corso di laurea affine – area biomedica, sanitaria, veterinaria e farmaceutica – mantenendo i 18 crediti conquistati (6 per esame), oppure cambiare orizzonte di studio, fermo restando che potrà iscriversi al semestre filtro fino a tre volte, anche non consecutivamente.

Fatto il quadro generale, la prima, logica, domanda è legata ai numeri: se al semestre filtro, scegliendo Trento come sede, dovessero iscriversi in migliaia (ma basterebbero centinaia) come si farebbe?

Nelle pieghe del documento ministeriale si legge che «le università disciplinano, nell’esercizio della propria autonomia, la metodologia didattica per l’erogazione delle attività formative. La frequenza ai corsi è obbligatoria, ed è onere dell’università predisporre un sistema per il controllo della partecipazione degli studenti alle attività didattiche».

Insomma, le tre materie potranno essere studiate anche attraverso lezioni online o a distanza.

La capienza delle aule trentine non è quindi un ostacolo insormontabile, anche se richiederà una grande organizzazione da parte dell’Ateneo. Un altro tema sono i tempi strettissimi: decreto a inizio giugno, iscrizioni entro luglio, via al semestre l’1 settembre. E solamente tra fine luglio e inizio agosto (mese, tra l’altro, tradizionalmente vacanziero anche per il mondo accademico) l’Università di Trento saprà quanti studenti si sono iscritti.

Sarà necessario avere quindi più piani operativi a disposizione a seconda di numeri diversi.

Passando al punto di vista degli studenti, la situazione è altrettanto in bilico: si prende un appartamento? E se poi non si entra in graduatoria? Ancora: casomai si passasse, in quale città prendere casa visto che non si sa in quale delle dieci sedi indicate una persona andrà a finire?

Situazioni logistiche, oltre all’alloggio ci sono anche mense e trasporti, che riguardano ovviamente anche le Università. Inutile negare che anche a Trento una legittima preoccupazione ci sia.

«Ora abbiamo più dettagli, ma dobbiamo studiare bene il documento, misurarne l’impatto, vagliare le possibilità. Di certo lavoreremo per mettere in atto quanto previsto dal decreto», spiega l’Ateneo. Che dovrà mettere in campo la propria forza organizzativa per dare risposte all’insegna, naturalmente, della qualità didattica, da sempre priorità della nostra Università. 




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