Emilia Romagna

maxi operazione contro i capitali mafiosi


La guardia di finanza di Bologna ha confiscato due yacht di lusso da oltre dieci metri e dal valore complessivo di oltre 500 mila euro, appartenenti a una società campana riconducibile a Saverio Giampà, imprenditore 59enne originario di Catanzaro, da anni residente ad Anzola Emilia, già noto alle forze dell’ordine e considerato contiguo alla ’ndrangheta e legato alla camorra.

L’operazione, condotta dai finanzieri del comando provinciale di Bologna con il supporto dei colleghi di Napoli, si inserisce in un’inchiesta avviata dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bologna sui capitali mafiosi reinvestiti in Emilia-Romagna, in particolare nei settori della ristorazione e del commercio.

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Confiscati due yacht riconducibili al clan Aversano

I cabinati di pregio erano formalmente intestati a una società di comodo, ma di fatto nella disponibilità di Giampà, già condannato a sei anni di reclusione per concorso esterno in associazione camorristica e trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo mafioso.
Il provvedimento di confisca, emesso nel 2023 dalla Corte d’Appello di Napoli, è divenuto definitivo e si inserisce in un più ampio sequestro patrimoniale che ha portato alla confisca di beni per oltre 100 milioni di euro riconducibili alla criminalità organizzata campana.

L’imprenditore, oggi recluso nel carcere di Secondigliano, avrebbe utilizzato prestanome e società fittizie per schermare la provenienza del denaro e reinvestirlo in attività economiche “pulite” anche sul territorio bolognese.

“Capitali illeciti reinvestiti in ristoranti e gelaterie”: il maxi blitz della Dia

Il nome di Saverio Giampà è emerso anche nella maxi inchiesta della Direzione Investigativa Antimafia di Bologna, denominata “Capitali illeciti reinvestiti in ristoranti e gelaterie”.
L’operazione, scattata il 24 luglio 2025 tra Bologna e Padova, ha portato a tre misure cautelari e al sequestro di due gelaterie nel centro di Bologna riconducibili allo stesso imprenditore, che avrebbe intestato le attività a una prestanome compiacente per sottrarre i beni a eventuali sequestri dello Stato.

Secondo gli inquirenti, Giampà avrebbe reinvestito capitali di origine illecita in esercizi commerciali apparentemente regolari, continuando a gestirli in modo occulto.
L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna, ipotizza i reati di intestazione fittizia di società, tentata estorsione e detenzione abusiva di armi.

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