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Mauro Coruzzi: «A febbraio ho avuto un altro ictus. Per ore sono rimasto per terra, senza potermi muovere. Mi ha salvato la mia colf»

«Le mie gambe non hanno retto, è stato come se non le avessi più. Sono caduto, ho sbattuto la testa, ma non ho perso conoscenza». Mauro Coruzzi, in arte Platinette, 69 anni, ha raccontato per la prima volta, al settimanale DiPiù, il momento in cui, nel febbraio scorso, è stato colpito da un secondo ictus. Un evento che lo ha scosso profondamente, avvenuto a meno di due anni di distanza dal primo grave attacco ischemico, che già nel marzo 2023 lo aveva costretto a un lungo ricovero e a un percorso faticoso di riabilitazione.

«Per ore sono rimasto per terra, senza potermi muovere», ripete. A salvarlo è stata una presenza provvidenziale: la sua colf. «Se non ci fosse stata lei, forse, oggi non sarei qui», ha detto. È stata lei ad accorgersi di ciò che stava accadendo e ad allertare immediatamente i soccorsi.

Mauro Coruzzi ricorda perfettamente quei minuti concitati: «Ho avuto il primo ictus, non riuscivo più a parlare; questa volta non riuscivo più a muovermi, però ero cosciente. Ricordo l’intervento dei medici, la corsa in ambulanza, l’arrivo in ospedale».

Oggi è di nuovo alle prese con l’esercizio quotidiano per riconquistare l’autonomia. La strada è lunga: «Prendo ancora parecchi farmaci. Non mi sono ancora ripreso del tutto, ma continuo a fare progressi e sono sicuro che, piano piano, tornerò come prima».

Il primo ictus, la perdita della parola

Il primo ictus risale al 14 marzo 2023. Quella sera Coruzzi si trovava in casa, in compagnia di un personal trainer, e stava preparando uno spettacolo teatrale. A raccontarlo era stato lui stesso, in un’intervista a Vanity Fair: «Quando era arrivato per lui il momento di andarsene, io non riuscivo a salutarlo. Avevo perso improvvisamente la parola, ma non la coscienza. Mi venne da ridere. Ma lui, che è un fisioterapista e ha dimestichezza con questi problemi, ha capito immediatamente cosa mi fosse capitato».

Il tempestivo intervento fu decisivo. «Ho avuto la fortuna di avere accanto a me dei fisioterapisti che, nel momento in cui l’ictus stava avvenendo, hanno capito cosa stesse succedendo e hanno subito chiamato i soccorsi. Quello che vorrei dire è che è importantissimo intervenire subito».

Ma il decorso fu lungo e impegnativo. Ospite a Verissimo, Coruzzi aveva descritto quei mesi come un cammino a ritroso: «Un po’ come fanno i bambini piccoli. Non pensi mai che il tuo destino sia tracciato in certi modi. Per uno come me, che ha cominciato a lavorare alla radio cinquant’anni fa a Parma, ritrovarsi a non saper parlare e non muoversi è stato difficile. Mi sono detto: “Cosa faccio se non riesco a riprendermi?”. La comunicazione è sempre stata la mia vita, mi sono ritrovato perso, come un giocatore di calcio senza gambe. Il ricovero è stato lunghissimo, due mesi abbondanti, i primi giorni scrivevo e basta».

L’esperienza ha lasciato un segno indelebile e ha portato Coruzzi a rivedere in profondità le sue abitudini. «La mia vita è stata un cumulo di vizi. In un anno sono ingrassato di 50 chili, ho mangiato spesso in modo compulsivo. Ero sicuramente più predisposto di altri, ma ripercorrendo le vicende che mi sono accadute prima dell’ictus, credo che lo stress abbia giocato un ruolo molto importante», aveva spiegato. E ancora: «Penso che sia fondamentale tenere sotto controllo la pressione, il peso, avere una vita sana. Io ho sempre cercato di fare bene nel mio lavoro, di dare il massimo».

Dopo il primo ictus, ha voluto occuparsi anche degli aspetti più delicati: «Non essendo credente, per me la morte è la fine di tutto: voglio essere cremato e, dopo il primo ictus, ho pure fatto testamento; perciò, da quel punto di vista è tutto sistemato».


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