Mathilde, applausi al Teatro della Tosse: un duello all’ultima parola sulla visione dell’amore e del desiderio
Genova. Un salotto di casa in piena fase di lavori in corso, la tappezzeria coperta solo in parte dalla vernice bianca. Nylon a proteggere i mobili, scatoloni sparsi sul pavimento (le scenografie sono di Emanuele Conte). Un uomo sta lavorando in piena notte quando suonano alla porta. È una donna e lui è sorpreso di vederla. Non si aspettava che lei venisse lì e lei non si aspettava di vedere tutti quei cambiamenti. È l’inizio di Mathilde di Veronique Olmi, in scena al Teatro della Tosse sino al 15 dicembre, nuova produzione della Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse (ne abbiamo parlato qui). Sul palco due soli attori: Eleonora Giovanardi (Mathilde) e Luca Mammoli (Pierre). Per loro, nella replica di giovedì 12 dicembre, applausi prolungati.
Sapere già in anticipo ciò che ha fatto Mathilde dalla trama che presenta lo spettacolo (tre mesi di carcere per rapporti sessuali con un quattordicenne) è un vero peccato, perché il testo dell’autrice francese fa scoprire a poco a poco le carte dei duellanti: una coppia sposata e senza figli che, dopo un evento dirompente sotto tanti punti di vista, riesce a esprimere davvero ciò che pensa dell’altro, ma anche la propria visione della vita, della società, del desiderio, dell’arte di scrivere. Tutto in una notte in cui emerge tutto il non detto, le motivazioni di lei, le rivendicazioni di lui, in un continuo scontrarsi e riavvicinarsi (le atmosfere notturne sono amplificate dalle luci di Matteo Selis). Due individualità che si affrontano, ma dove nessuno sembra prevalere.
Anche i due mestieri li scopriamo a poco a poco ed è anche qui una contrapposizione: l’oncologo che ha a che fare con la morte, la scrittrice che vuole abbracciare solo la vita, un mondo piccolo borghese che sta stretto a Mathilde e di cui Pierre non ha colto il disagio visto che alle serate mondane lei sorrideva e spendeva molto tempo per prepararsi per essere bella e ammirata.
E così, in un’ora e un quarto di spettacolo, riusciamo a capire entrambi, a volte a parteggiare per uno, a volte per l’altro. Non è facile, perché Mathilde scardina le convinzioni diffuse del quieto vivere: vale la pena inseguire un puro desiderio? Vale la pena sentirsi vivi e senza preoccupazioni per un fugace momento di evasione in quella che sembra una crisi di mezza età? Odia la tenerezza e desidera il piacere, perché “Il piacere si sposa con tutto. Per questo non ne abbiamo mai abbastanza”. Il rischio di questo testo, se non si fa attenzione alla misura della recitazione, è di vedere Mathilde solo come una pazza e dare ragione a Pierre, viste le premesse. La sfida attoriale, vinta da Eleonora Giovanardi, è proprio nel far capire quanto Mathilde abbia sofferto in tutti questi anni, quanto sia stata segnata dal carcere, ma anche l’assenza di rimorso, la voglia di rivendicare ciò che ha fatto in un confronto intimo con suo marito al di là di quello che è avvenuto in tribunale.
Luca Mammoli è un Pierre davvero convincente nel mostrarsi ancora innamorato dell’idea di sua moglie, propenso a riaccoglierla, ma ancora ancorato alla propria razionalità e a non perdonare completamente. Cambiato? In realtà ancora no. Vittima delle sue insicurezze in quei mesi passati a rimuginare.
La distanza tra i due sembra incolmabile, perché ogni volta che provano a riavvicinarsi c’è qualcosa che li fa riallontanare. Il regista Alessio Aronne punta sulla distanza tra i corpi, su una certa tensione, per poi metterli a contatto in un momento (e movimento) molto intenso, musicale (di Marco Rivolta) e ben riuscito. Un assaggio di ciò che avrebbe potuto essere e invece non sarà. Il maglione che indossa Mathilde nella seconda parte diventa anch’esso parte integrante della messa in scena: una protezione dal mondo esterno che non comprende le ragioni della scrittrice. Nell’ultima parte è proprio la scrittura a diventare protagonista: una riflessione sullo scrivere per soldi, sul relegare le trasgressioni solo alla carta, sul fatto che Mathilde abbia estromesso Pierre da un lato così oscuro della propria personalità. “Se tu scrivi e racconti la tua storia forse te ne puoi liberare”, la invita. Ma Mathilde quella storia non vuole scriverla perché sarebbe pronta a riviverla.