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Material Love: tutto quello che pensiamo sugli appuntamenti (ma non diciamo mai)

I criteri che adottiamo per decidere con chi uscire sono una specie di mezzo tabù. Indichiamo le nostre preferenze sulle app (età, livello di istruzione e così via) ma nella vita reale ne parliamo poco. Uno degli aspetti più interessanti del nuovo film di Celine Song, Material Love, è proprio il modo in cui porta sul grande schermo questi desideri e complessi, solitamente riservati al privato, con sobria lucidità e sottile ironia.

Il film, uscito in sala il 13 giugno, è stato presentato nei trailer come una dolce commedia romantica. La commedia c’è sicuramente, soprattutto nell’acuto ritratto sociologico che Song traccia delle finzioni e dei pregiudizi di una certa élite newyorkese. Ma in realtà Material Love è più un dramma concettuale sul tira e molla tra passione e pragmatismo.

Dakota Johnson, asciutta ma intensa, interpreta Lucy, una trentenne di Manhattan che lavora per un’esclusiva agenzia di incontri. Consiglia le sue clienti (prevalentemente donne etero, single, professioniste e over 30) con il tono terapeutico e rassicurante tipico di una cultura che si affida senza riserve alla discutibile saggezza dei guru del lifestyle. Ma le analisi di Lucy non sono solo luoghi comuni pensati per tenere agganciate le clienti. Nel modo in cui gestisce le liste dei desideri di questi cuori infranti c’è anche un’onestà corroborante; inoltre, Material Love è pieno di discorsi schietti su denaro e aspetto fisico. Può sembrare superficiale, finché non si ricorda quanto quegli aspetti siano invece fondamentali per molte (anzi, per la maggior parte delle) persone.

L’audacia tematica di Material Love si accompagna in modo affascinante a un’estetica eterea e incantevole. Proprio come nel suo raffinato film d’esordio, Past Lives, anche qui Celine Song evoca una New York estiva, seducente e intrisa di malinconia. È un luogo dove il romanticismo reale si scontra con la fantasia; dove la porta verso una vita da sogno sembra sempre dietro l’angolo, nascosta nella luce soffusa di ristoranti eleganti e location nuziali sontuose. È questa la Manhattan che le clienti di Lucy immaginano per sé: elegante e armoniosa, sofisticata ma tranquilla.

Gli aspetti più duri, sordidi e ingiusti della vita sentimentale si stagliano in netto contrasto con tutta quella raffinata eleganza. Le donne che ruotano intorno a Lucy, tra le altre cose, sono ossessionate dall’altezza degli uomini, con una rigidità condivisa dal film stesso. Tutto questo comincia a sembrare un po’ crudele, anche se, mi è stato detto, costituisce una rappresentazione abbastanza fedele del dating eterosessuale una volta superati i convenevoli. Song non si limita a fare ironia su questa fissazione; al contrario, credo che la franchezza disarmante del film punti a una sorta di catarsi. Sentire qualcuno dire ad alta voce ciò che di solito si tace, riconoscere quella verità spiacevole e poco gentile che tutti pensano ma nessuno ammette, in effetti, può essere terribilmente liberatorio.

Guarderei volentieri Celine Song divertirsi a esplorare, con i suoi dialoghi affilati e lievemente teatrali, le crudeli bizzarrie del dating nell’alta borghesia newyorkese per tutto il film. Ma un’opera destinata al grande pubblico richiede qualcosa di più, e quindi Material Love deve avere una trama. La storia vede Lucy coinvolta sentimentalmente con Harry, un affascinante e ricco uomo della finanza interpretato con intrigante dolcezza da Pedro Pascal. Non è l’arrogante snob che ci aspetteremmo, e Lucy è inerme non solo di fronte al suo fascino, ma anche davanti all’opportunità che rappresenta: un’occasione d’oro improvvisamente a portata di mano. La loro storia da favola si complica presto con la ricomparsa dell’ex fidanzato di Lucy, John (Chris Evans, nel suo consueto ruolo da seduttore), un attore quasi disoccupato le cui croniche difficoltà economiche avevano allontanato Lucy anni prima.


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