Matera, veleni sotto l’Itrec: sette rinviati a giudizio e sette prosciolti
Sette rinviati a giudizio, tra cui Sogin spa, e altrettanti prosciolti nel processo sulla gestione dei veleni sotto l’Iterc di Rotondella (Matera)
POTENZA – Sette rinviati a giudizio, inclusa Sogin spa, e sette prosciolti.
E’ questo l’esito dell’udienza preliminare del processo sulla gestione dei veleni scoperti nella falda sotto il sito nucleare in dismissione dell’Itrec di Rotondella, all’interno del centro di ricerche Enea Trisaia.
PROCESSO SULLA GESTIONE DEI VELENI SOTTO L’ITERC: I PROSCIOLTI E I RINVIATI A GIUDIZIO
Di fronte al collegio A del Tribunale di Matera dovranno comparire il prossimo 18 febbraio: un rappresentanti legale del sito Sogin di Rotondella, il policorese Vincenzo Stigliano; il materano Vito Salvatore Valentino e il tricaricese Enrico De Capua, ex ed attuale dirigente dell’Ufficio ambiente della Provincia di Matera; il milanese Marco Giulio Maria Citterio, già direttore del centro ricerche Enea; il rotondellese Giambattista Labattaglia, già responsabile della gestione del centro Enea; il cosentino Alessandro Dodaro, direttore del dipartimento fusione nucleare e tecnologie per la sicurezza dell’Enea.
Prosciolti, invece: un altro rappresentante di Sogin, il siciliano Edoardo Petagna; il gestore del piano di caratterizzazione del sito, il materano Giuseppe Pastore; il rotondellese Salvatore Gaetano Bruno, ex direttore tecnico dell’Itrec; un altro ex direttore del centro Enea, il cosentino Giuseppe Spagna; altri due dirigenti della Sogin spa come il livornese Marco Del Lucchese e la romana Elena Burone; e il dirigente dell’ufficio suolo e rifiuti dell’Arpab di Matera, Gaetano Santarsia.
La tesi di fondo della Direzione distrettuale antimafia di Potenza, che approderà a dibattimento, è che alcuni indagati, dirigenti di Sogin: «avrebbero appreso già nel 2014, grazie alle analisi da loro stessi condotte, della grave contaminazione da tricloroetilene e cromo esavalente delle acque di falda sottostanti il loro sito e avrebbero effettuato le prescritte comunicazioni agli enti competenti solo nel 2015».
LE CONDOTTE DEI DIRIGENTI SOGIN ED ENEA E L’OMESSO CONTROLLO DELLA PROVINCIA DI MATERA
In seguito alla chiusura delle indagini l’ex procuratore capo potentino, Francesco Curcio, ha spiegato in una nota che le condotte dei dirigenti Sogin non solo avrebbero determinato «un ritardo nell’applicazione delle procedure di messa in sicurezza del sito», ma anche lo sversamento nel Mar Jonio «senza alcun trattamento» delle «acque di falda contaminate che venivano emunte dai loro sistemi di sicurezza».
Tra le contestazioni c’è anche l’omesso controllo da parte della Provincia di Matera e del Comune di Rotondella su un’istanza, «corredata da atti che secondo la ricostruzione degli inquirenti conterrebbero dati non veritieri», che nel 2018 ha permesso a Sogin di «scaricare illecitamente» le acque «industriali» oltre che «meteoriche e di dilavamento (…) direttamente nel fiume Sinni (pur provenendo, le stesse, da un impianto interessato da contaminazione)».
Un’ulteriore contestazione riguarda la «frequente disattivazione», da parte di un dirigente Enea, delle pompe della barriera idraulica appositamente predisposta per contenere la propagazione delle acque di falda contaminate». Condotte, queste ultime, che «sarebbero poste in essere al fine, verosimilmente, di abbattere i costi energetici e di gestione dei rifiuti liquidi che sarebbero prodotti».
L’IPOTESI DI DISASTRO
L’ipotesi di disastro, invece, fa riferimento alla «compromissione» e al «deterioramento non reversibile in maniera naturale» delle acque sotterranee a causa della propagazione della contaminazione di sostanze cancerogene. Lo si legge sempre nella nota di Curcio.
«Il ritardo nella realizzazione della attività di messa in sicurezza del sito unite alle ulteriori condotte sopra descritte – concludeva Curcio – determinava (…) una migrazione della contaminazione delle acque di falda sottostanti l’area Enea Sogin oltre il loro perimetro superando la strada statale 106».
Sogin ed Enea si sono sempre dichiarati estranei agli sversamenti di sostanze pericolose che hanno provocato la contaminazione della falda, e che potrebbero essere collegati ad ad altre attività presenti, in passato, nella zona.
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