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Marco Bocci: «Ho paura di restare solo. Il momento in cui mi sono ricordato di avere due figli, dopo la malattia, lo porterò per sempre nel cuore»

Nel momento in cui ci sentiamo per questa intervista, Marco Bocci dice di essere in un periodo particolarmente pigro della sua vita: «Se posso scegliere preferisco sempre restare a casa, anche se il tour del libro mi sta costringendo a girare molto», ammette con un sorriso, spiegando di non disprezzare mai la promozione di qualcosa per cui ha dato tempo e anima. Quel qualcosa è Nelle tue mani, nella sua pelle, il suo ultimo romanzo pubblicato da Salani Le Stanze che racconta la storia di Laura, una ragazza che prova a ricostruire la sua vita dopo la travagliata storia con Manolo (che quando avevano poco più di vent’anni è finito in manette per il tentato omicidio di uno sconosciuto), e Francesco, l’uomo che l’ha scelta e che la accudisce almeno fino a quando Manolo non esce di prigione, pronto a tutto pur di rimettersi in contatto con quella che ha sempre pensato essere la donna della sua vita.

Se non la turba la promozione, cos’è che le fa perdere il sonno?
«Riuscire a raccontare nella maniera giusta quello che ho nella testa: mettere in fila le parole e i pensieri è qualcosa di estremamente ansiogeno, per me».

A un certo punto scrive: «Abbiamo tutti bisogno di attenzioni, tutti vogliamo sentirci accolti, apprezzati, desiderati oltre ogni limite, anche se pochi lo ammetterebbero». Vale anche per lei?
«Certo. Anch’io sono uno di quelli che si atteggia che non gli importi e poi invece, per vivere serenamente, ha bisogno di trovare le proprie sicurezze negli altri. Tutti vogliamo sentirci apprezzati e desiderati, anche se per buona parte della mia vita ho convissuto con la certezza di stare sulle scatole a chiunque incontrassi».

Quando si è convinto che non era così?
«Quando sono cresciuto e ho iniziato a comprendere delle cose del mio carattere in maniera più precisa. Dopo una certa età ho iniziato a chiedermi per quale motivo dovessi stare sulle palle a delle persone che neanche mi conoscevano. Oggi ho la maturità di riconoscere che il primo ad avere i pregiudizi verso di me ero io».

Prima di arrivare a quella consapevolezza, come combatteva la paura di non piacere?
«Battendo in ritirata. È un bene che oggi mi faccia meno problemi di un tempo: riesco a farmi invadere e condizionare molto meno dalla mia mente».

Marco Bocci

Marco BocciStefano Trovati/SGP

Nel romanzo la mente di Laura e Manolo è annebbiata dalle sostanze e dal sesso.
«È come se non volessero mai affrontare il mondo in maniera lucida: è per questo che hanno sempre trovato delle scorciatoie per trovare le sicurezze e la forza di cui pensavano di avere bisogno. Le sostanze, però, non sono mai la risposta: le certezze le possiamo trovare nel prossimo. Il sesso, invece, è uno strumento potentissimo perché ci dà forza e ci appaga: per Laura e Manolo era una zona di comfort, l’unica in cui riuscivano a vedersi veramente».

Nella sua vita ha mai cercato una scorciatoia come i suoi protagonisti?
«Spesso in passato ho schivato tutti pensieri e le preoccupazioni che mi opprimevano mettendole in un angolo del cervello e facendo finta che non esistessero. Se, però, le cose non le affronti piano piano il cervello si riempie di scatole e, se non ne butti nessuna, non hai più spazio per metterne altre».

Come ha fatto a sgomberare le scatole?
«Farmi seguire dagli psicologi è stato un bel toccasana, perché in questa fase della mia vita sto finalmente iniziando ad accettare me stesso per quello che sono».

Quali sono i pensieri che, però, continuano ad affliggere Marco Bocci?
«I miei figli che crescono e iniziano a guardarmi con giudizio, il lavoro da organizzare, la salute delle persone cui voglio bene, i genitori che invecchiano, la casa da gestire, il produttore che non riesco a convincere a finanziare un film in cui credo».

Marco Bocci «Ho paura di restare solo. Il momento in cui mi sono ricordato di avere due figli dopo la malattia lo...

Roberto Panucci


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