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Marcia indietro di Trump: tregua di 90 giorni sui dazi. Ma la Cina al 125%

Donald Trump dichiara una tregua di 90 giorni nella sua guerra dei dazi. Citando il desiderio di decine di nazioni di trattare, ha fatto marcia indietro, ordinando la sospensione di gran parte dell’offensiva commerciale a colpi di tariffe reciproche contro alleati e partner – l’eccezione è la Cina – dal megafono di Truth Social.

«Ho autorizzato una pausa di 90 giorni», ha annunciato menzionando che 75 capitali estere si sarebbero fatte avanti per negoziare sugli squilibri nell’interscambio denunciati dalla sua amministrazione. Il Presidente ha precisato che la pausa «è effettiva immediatamente». E che durante l’armistizio sarà applicato un «dazio reciproco sostanzialmente abbassato, al 10%». La portavoce Karoline Leavitt ha poi spiegato che quella tariffa corrisponde al 10% universale e minimo scattato contro tutto l’import da sabato. Il presidente ha chiuso il suo messaggio con un: «Grazie per l’attenzione».

In una successiva conferenza stampa, Trump ha sottolineato di aver concesso la pausa anzitutto «a chi non ha deciso rappresaglie» e ammesso di aver agito perché «la gente si stava un po’ spaventando». Ha evocato «accordi giusti» possibili con molte nazioni, compresa l’Unione Europea, e non ha neppure escluso intese con la Cina: «Non sanno come fare, ma vogliono un accordo».

Nessuna pace è però in agenda, al momento, con Pechino. Anzi, Trump ha intensificato il conflitto con il rivale strategico: ha alzato i dazi al 125% dopo che la Cina aveva risposto a sue iniziali tariffe fino al 104% con propri balzelli dell’84 per cento. Un’azione «basata sulla mancanza di rispetto della Cina per i mercati del mondo». Pechino, prima ancora dell’ultima escalation, aveva fatto sapere di avere la «ferma volontà e i mezzi per le necessarie contromisure e per battersi fino in fondo». E che «se davvero gli Usa vogliono risolvere differenze con dialogo e negoziato, dovrebbero adottare un atteggiamento ispirato a eguaglianza, rispetto e mutuo beneficio». Pechino ha anche lanciato nuovi ricorsi contro Washington alla Wto e deciso ulteriori limiti contro aziende statunitensi. Undici imprese, in particolare, sono state aggiunte ad una lista nera che le mette al bando da acquisti e transazioni con gruppi cinesi, tra queste alcuni fornitori del Pentagono.

Il segretario al Tesoro Scott Bessent si è sforzato di spiegare l’improvvisa retromarcia di Trump sui dazi contro gli altri Paesi come parte di una coerente strategia ideata per arrivare a patti «su misura» con i partner e che la reazione cinese dimostra che sono loro «i protagonisti cattivi» sul palco internazionale. Ma dal Congresso le giravolte dell’amministrazione hanno destato la furia dell’opposizione democratica, che durante audizioni alla Camera ha definito Trump e suoi collaboratori «dilettanti» e portatori di pericoloso caos.


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