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Marchi di pasta, solo questi utilizzano davvero grano italiano: la lista da tenere a mente

Pasta italiana ma con grano straniero: chi usa solo materia prima nazionale e chi no. Etichette, filiere e dati aggiornati.

Nel 2024 la pasta resta uno dei prodotti più acquistati e consumati in Italia, ma sempre più consumatori si chiedono da dove proviene davvero il grano con cui viene prodotta. Il legame tra pasta e made in Italy è forte, identitario, quasi automatico. Eppure, gran parte della produzione industriale si basa ancora su materie prime importate. Questo accade perché la produzione interna di grano duro, secondo i dati Ismea, non riesce a coprire interamente il fabbisogno dell’industria. Ogni anno vengono coltivati poco più di 4 milioni di tonnellate, mentre il settore ne richiede molte di più per soddisfare la domanda del mercato interno ed estero. Così le aziende, per far fronte alla richiesta, ricorrono a grano proveniente da Canada, Stati Uniti, Francia, Grecia e Australia.

Dal 2018, l’etichetta della pasta è obbligata a riportare la provenienza del grano con due indicazioni separate: “Paese di coltivazione del grano” e “Paese di molitura”. Questo ha permesso ai consumatori di capire, per la prima volta, se la pasta che acquistano è davvero 100% italiana o frutto di una miscela internazionale. Le differenze non sono solo una questione di bandiera, ma riguardano anche scelte economiche, filiere agricole e sostenibilità.

I marchi che puntano sul grano italiano e quelli che scelgono il mix

Negli ultimi anni la domanda di pasta fatta con grano italiano è aumentata. Sempre più cittadini cercano prodotti tracciabili, coltivati sul territorio, spesso legati a filiere agricole locali. Questo ha spinto alcune aziende a convertire le linee produttive, stringendo accordi diretti con gli agricoltori, soprattutto nel Sud Italia, per garantire una filiera corta e stabile.

Marchi come Armando, La Molisana, Voiello, Granoro Dedicato o Girolomoni dichiarano l’utilizzo esclusivo di grano italiano, selezionato in zone specifiche come Molise, Puglia e Marche. Hanno costruito un modello agricolo tracciato, controllato, che valorizza il lavoro sul territorio e risponde a un’esigenza crescente di qualità e trasparenza.

Pasta

I marchi che puntano sul grano italiano e quelli che scelgono il mix – benessereblog.it

Altri produttori, invece, adottano un approccio ibrido, alternando grani nazionali e internazionali, oppure differenziando le linee: per esempio, De Cecco, Garofalo o Divella usano una miscela di grani di varia provenienza, bilanciando così esigenze tecniche e commerciali. In alcuni casi, la scelta è motivata dalla necessità di mantenere la resa in cottura, o dalla volontà di contenere i prezzi in un periodo in cui i costi energetici e le tensioni geopolitiche rendono più instabile la disponibilità del grano.

Infine, ci sono i marchi che non specificano l’origine in modo dettagliato, usando la dicitura “grano Ue e non Ue”, prevista per legge. È il caso, ad esempio, di prodotti venduti a basso costo nella grande distribuzione, come quelli di Lidl, MD o In’s. In queste confezioni, l’origine della materia prima può cambiare nel tempo, a seconda del lotto o del momento dell’importazione.

Perché la filiera italiana non basta ancora (e cosa può cambiare nei prossimi anni)

Nonostante gli sforzi di molte aziende, la produzione italiana di grano duro non è sufficiente. I terreni destinati a questa coltivazione si concentrano in alcune regioni, e i raccolti dipendono da andamenti climatici sempre più imprevedibili. Le aziende che hanno scelto di lavorare solo con grano italiano si espongono a rischi maggiori, ma possono offrire al consumatore un prodotto più controllato e tracciabile.

Il futuro, però, non è scritto. Le politiche agricole, i finanziamenti europei e l’interesse crescente dei consumatori potrebbero rafforzare la filiera nazionale, rendendola più competitiva e capace di sostenere tutta la produzione industriale. È già accaduto in parte, ma molti marchi continuano a preferire l’importazione. L’alternativa più concreta resta l’accordo diretto con gli agricoltori, che consente di stabilire prezzi chiari, ridurre la volatilità del mercato e investire sulla qualità del suolo italiano.

Acquistare pasta prodotta con grano 100% italiano, al di là del marketing, significa sostenere un’economia agricola interna che punta su biodiversità, trasparenza e sostenibilità reale. Ma per farlo servono strumenti chiari: etichettatura leggibile, controlli rigorosi e una comunicazione onesta da parte dei produttori.


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