Mara Navarria: «La passione per la scherma è venuta praticandola, poi è diventata lavoro e sogno»
«Per me la scherma non è partita come una passione, perché io avevo scelto di fare canoa da ragazzina, e poi in realtà, visto che la canoa d’inverno e soprattutto in Friuli è difficile e si va spesso in palestra, ho iniziato a fare scherma come mio fratello. Dopo è diventata una passione». Da passione è poi diventata lavoro per Mara Navarria, spadista azzurra fino a Parigi 2024, dove ha vinto l’oro a squadre, già campionessa del mondo, atleta del gruppo sportivo dell’Esercito.
La sua è una delle tante storie raccontate all’interno di Focus Live 2025, in programma al Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano fino al 9 novembre, con incontri, laboratori ed esperienze. Dallo spazio alla genetica, dal Big Bang allo sport, accompagnati da astronauti, scienziati, sportivi, artisti e divulgatori. Passione è il tema scelto per la nuova edizione.
MASSIMO DI NONNO
Da passione a lavoro fino a diventare sogno. «La medaglia olimpica è un sogno che si realizza, e quindi la passione in qualche modo aumenta, cambia forma. A quarant’anni la scherma è ancora passione e sto andando in sala di scherma per cercare di trasportarla ai ragazzini a cui insegno».
Quello che in casa non è mai mancato è lo sport. «Mia nonna, con cui noi siamo cresciuti, ci faceva leggere il giornale a partire dalla fine per leggere dell’Udinese. Ci faceva vedere tutta l’estate le Olimpiadi, qualsiasi sport. Ovvio che io ho visto vincere Giovanna Trillini in tv, poi, a una delle mie prime gare, ero lì a chiederle l’autografo, e a Tokyo le ho detto se potevamo fare una facciamo una foto e le mi ha risposto: “Te la chiedo io con la tua medaglia olimpica”. Adesso è un’amica. Ho visto tanto sport da bambina, ma a casa proprio non si parlava di diventare atleti, anzi i miei genitori non volevano neanche che noi facessimo le gare. Lo sport era un momento educativo come era la musica. Socializzazione, movimento giusto per muoversi, per imparare proprietà coordinative di base. Io dico sempre che lo spogliatoio è palestra di vita. Soprattutto per le ragazze che non parlano mai di scherma».
Lo sport è una scienza? Una formula perfetta fa lo sportivo? «Noi veniamo visti come dei supereroi quando in realtà siamo uomini e donne che usano la lavatrice, che fanno la spesa e altre cose normali. Abbiamo però una visione diversa. Spesso lo sport è un lavoro ambito perché pochi arrivano al vertice. Io non mi ritengo fortunata, ma penso di aver avuto vicino le persone giuste al momento giusto. Ho vinto certamente, ma ho perso anche tanto. Le vittorie sono sempre un lavoro di team e nel team metto la mia famiglia, i miei fratelli, i miei amici, chi si occupa della comunicazione, della parte tecnica e di quella mentale, i miei compagni di palestra , i miei compagni di apnea. Sono tutte persone che in qualche modo mi hanno contribuito al mio risultato. Che poi ci sia una scienza perfetta? No, perché la mia medaglia è unica e qualsiasi altro atleta racconta il proprio percorso. Magari uomini e donne hanno una scienza diversa con degli ormoni diversi che magari è anche bello raccontare con problematiche diverse. Io ho fatto sesta mondiale nel 2013 a quattro mesi dal parto, e non sentivo la fatica. Questo è la natura». Raccontando la sua esperienza, percepisce negli occhi delle persone che può essere utile, che può essere uno spunto.
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