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Manuele Velo: «È tutta la vita che mi impegno tantissimo, ma ho paura di non riuscire a realizzarmi. Vivere a Napoli è imbattibile, noi napoletani tenimmo o’core»

«Tommaso per me è stato un viaggio nelle ombre, nei silenzi che urlano più forte di qualsiasi grido. Ho messo dentro di lui ogni battito, ogni respiro, ogni lacrima. E in cambio mi ha lasciato un pezzo di sé che non andrà mai via». Manuele Velo, giovane attore 19enne di Napoli, ha messo tutto sé stesso nell’interpretazione del personaggio di Tommaso in Mare Fuori 5, la cui esistenza è segnata dall’omicidio di suo fratello più piccolo per mano della camorra. Una sofferenza espressa attraverso una lotta interiore con le sue paure e i suoi demoni, ma anche con il desiderio di farsi del male e di perdonarsi. Manuele è un ragazzo giovane, pieno di sogni e speranze, alla sua prima esperienza da attore e il suo futuro è in ascesa.

Lei in Mare Fuori 5 interpreta il personaggio di Tommaso, un nuovo arrivato all’IPM di Napoli (Istituto Penale per i Minorenni). Come si è preparato per interpretare al meglio il suo personaggio?
«In realtà non ho mai studiato recitazione, ho solo 19 anni. Non mi sono proprio preparato, il personaggio di Tommaso l’ho preso di pancia. È un personaggio tormentato, pieno di rabbia e di sensi di colpa da quando è morto il suo fratellino. Con il cast abbiamo fatto una piccola, leggera preparazione poco prima che iniziassero le riprese, per capire come fosse strutturato il personaggio, a cosa avrei potuto fare riferimento e ispirarmi. Poi ho semplicemente caricato Tommaso della mia sofferenza. Ho cercato di esprimere il dolore di Tommaso attraverso il mio dolore».

Ha quindi attinto al suo background emotivo?
«Sì, assolutamente. Secondo me chiunque soffre e prova dolore nella sua vita. Tommaso è un personaggio abbastanza difficile e complesso, e per me è stata una bella sfida, essendo anche alla mia prima esperienza. Ho pensato quindi che rappresentare una sofferenza così grande non può essere solo un aspetto tecnico: per fare al meglio il mio lavoro, ho riportato i miei traumi, le mie esperienze e le ho messe in scena. In quel periodo trattenevo le mie sofferenze tutto il giorno per poi scaricarle sul set».

Quindi il set è stato una bella valvola di sfogo?
«Sì, ho perso 12 kg per interpretare il personaggio di Tommaso, perché prima facevo palestra, ero pompato, pesavo 80 kg. Ludovico (Di Martino, il regista) mi disse che il personaggio doveva essere più magro, quindi decisi di non andare più in palestra, mangiavo male, dormivo male. È stato un lavoraccio».

Ci sono aspetti del suo personaggio che ritrova in sé stesso e altri che invece sono totalmente diversi?
«Mi rivedo molto in Tommaso, sotto tanti aspetti. Anche io ho sofferto nella vita, come tutti. Ed è proprio questa sofferenza che mi ha legato a lui. Fortunatamente io non ho perso un fratellino, ma riportare quella perdita è stato bello e difficile. Credo sia simile a me caratterialmente, perché anche lui vuole sembrare un duro, ma sotto sotto è assolutamente un buono, dolce, una bella persona. E ho molta fiducia in lui».

Lei è di Napoli: come ha influenzato la sua crescita e il suo modo di recitare il contesto partenopeo?
«Ho un rapporto strano con la mia città, perché fin da piccolo l’ho sempre odiata. Vivevo dei suoi stereotipi, non l’ho mai apprezzata. Poi sono cresciuto, e durante la mia adolescenza ho iniziato a uscire dal guscio, nella vera Napoli, a conoscere le persone e vivere la vita del centro. Credo sia bellissima, è una città unica al mondo. Adesso per lavoro sto frequentando molto Roma e mi rendo conto della differenza tra le due. Voglio dire, Roma è meravigliosa dal punto di vista architettonica, culturale, artistica, ma a livello umano Napoli è imbattibile».

In che senso?
«I napoletani ti sorridono, ti salutano, ti apprezzano, anche se non ti conoscono. C’è una gentilezza impagabile. Dicono “Noi napoletani tenimmo o’core” (noi napoletani abbiamo un cuore) ed è vero».

Lei all’età di 13 anni era stato preso per recitare nella serie tv L’amica geniale, ma il Covid ha fermato tutto. Come ha superato quel momento delicato?
«Sono rimasto molto deluso a dire la verità. Venni preso per questo piccolo ruolo, firmai il contratto, ma poi arrivò la pandemia da Covid-19 che fece rimandare la serie di un paio d’anni. Feci di nuovo i casting ma ormai ero troppo cresciuto per quel ruolo, e non seppi più niente. Fu un periodo difficile della mia vita, perché in quel periodo dovevo anche scegliere che liceo avrei fatto, che percorso di vita avrei intrapreso: alla fine scelsi di fare il liceo scientifico, condizionato un po’ anche da mio fratello, e abbandonai il mondo del cinema per anni, non feci più provini, era un sogno letteralmente messo nel cassetto. Però ho sempre seguito molto il cinema, la mia passione è guardare film: tutto quello che ho imparato del mio lavoro viene da lì. Il cinema è la mia scuola. Magari è stato destino che andasse così».


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