Salute

Mafia in Emilia: condanne all’ergastolo per gli omicidi di ‘ndrangheta del 1992 | Il Fatto Quotidiano

Nicolino Grande Aracri detto Mano di gomma, Antonio Ciampà detto Coniglio, Angelo Greco detto Linuzzo, e Antonio Lerose detto Il bel René. Sono responsabili – assieme ad altri già definitivamente condannati – della morte di Giuseppe Ruggiero e Nicola Vasapollo, uccisi in Emilia durante la battaglia tra famiglie di ‘ndrangheta per il controllo del territorio che insanguinò il 1992. Lo ha stabilito la Corte d’Appello del Tribunale di Bologna, guidata dal giudice Anna Mori, con la sentenza del 22 ottobre 2025 che inasprisce le pene al termine di un complesso iter giudiziario iniziato nel 2019 presso il Tribunale di Reggio Emilia. Erano stati i collaboratori di giustizia Antonio Valerio e Angelo Salvatore Cortese che, con le loro rivelazioni durante il processo Aemilia, avevano spinto la Procura Distrettuale Antimafia a riaprire il caso nonostante fossero passati tre decenni da quella stagione di fuoco. La Corte d’Appello infligge o conferma la condanna all’ergastolo per Grande Aracri, Ciampà, Greco, e fissa in 18 anni di carcere quella per Lerose, al quale vengono riconosciute le attenuanti generiche. Per il boss Nicolino e per Antonio Ciampà c’è inoltre l’obbligo dell’isolamento diurno in carcere per un anno solare. Tutti gli imputati dovranno risarcire le parti civili e pagare le spese processuali.

In quel lontano 1992 entrambe le vittime, Giuseppe Ruggiero a Brescello e Nicola Vasapollo alla periferia di Reggio Emilia, erano agli arresti domiciliari ma guidavano la faida in Pianura Padana contro le potenti famiglie unite di Cutro (Dragone, Grande Aracri, Ciampà, Arena, Sarcone). Nicola Vasapollo fu raggiunto in pieno giorno nel proprio appartamento da presunti amici, tra i quali il futuro capo della mafia economica emiliana, Nicolino Sarcone, che bussarono alla porta e gli spararono lasciando il cadavere sotto al tavolo della cucina. Giuseppe Ruggiero fu invece svegliato in piena notte a Brescello da una finta pattuglia di Carabinieri, con auto e divise fasulle, che lo convinse ad aprire la porta per un controllo. All’ingresso gli spararono a bruciapelo.

Due omicidi definiti “eclatanti” dai collaboratori di giustizia, concepiti per mandare un messaggio chiaro a tutti i calabresi residenti in provincia: guardate di cosa siamo capaci. Allora nessuno immaginava a Reggio Emilia quanto fosse già profondo il radicamento della ‘ndrangheta che si contendeva i ricchi mercati del trasporto e dell’edilizia. A Brescello reggiani e cutresi andavano d’amore e d’accordo, giocando nel 1989 la partita amichevole di calcio allo stadio Friggeri tra “Brescello Tirol”, con giocatori emiliani doc, e “Calabria Saudita” interamente composta da cutresi emigrati al nord. L’allenatore della Calabria Saudita rilasciò al termine dell’incontro una intervista al videoamatore del paese, Erminio Bertoli, nella quale si diceva fiducioso di vincere in futuro. Si chiamava Giuseppe Ruggiero e tre anni dopo moriva a poca distanza dal campo di calcio, sotto le pallottole di quei finti Carabinieri arrivati a casa sua di notte


Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »