MAE Museum: il primo museo d’Europa dedicato alla fibra di carbonio
C’è un filo che lega i velivoli spaziali alle carrozzerie superleggere della Formula 1: è la fibra di carbonio, composta proprio da fili, come un tessuto. Il materiale che ha rivoluzionato l’ingegneria moderna avrà un museo tutto suo. Il Mae Museum ha aperto le porte a Fiorenzuola d’Arda, nel cuore della Motor Valley emiliana, con un’ambizione che va oltre la semplice celebrazione di un materiale: diventare un punto di riferimento per la divulgazione scientifica e l’innovazione industriale.
MAE Museum, un’architettura che guarda al futuro
Il progetto di Mae, leader globale nella realizzazione di impianti per la produzione di fibre chimiche speciali, porta le firme di CRA-Carlo Ratti Associati e Italo Rota, due nomi che garantiscono un approccio visionario e contemporaneo. Carlo Ratti, celeberrimo architetto e curatore della Biennale Architettura 2025, non nasconde l’entusiasmo: «La fibra di carbonio sta guidando l’innovazione in molteplici settori. Il museo MAE celebra un materiale emblematico della modernità, concentrandosi sulla sua nuova frontiera circolare e immaginando nuove applicazioni per il suo utilizzo». Sebbene il museo si trovi all’interno di un magazzino ristrutturato, la maggior parte dei componenti interni è realizzata in acrilico e fibra di carbonio, comprese le porte d’ingresso che si aprono come una tenda.
Il museo nasce dalla volontà di Marco e Paola Rovellini, rispettivamente Presidente e Chief Financial Officer di Mae SpA. «Puntiamo a creare una maggior consapevolezza sul ruolo cruciale che le realtà industriali italiane giocano nel supportare la crescita del Paese, anche da un punto di vista culturale e sociale», spiega Paola Rovellini, che del museo è anche direttrice.
MAE Museum, un museo all’avanguardia
La fibra di carbonio è in materiale leggero e altamente resistente, utilizzato in vari settori, dall’industria aerospaziale a quella automobilistica, fino alla produzione di biciclette. Viene generata dalla fibra acrilica, simile a quella comunemente utilizzata nell’abbigliamento, e poi trasformata in fibra di carbonio attraverso un complesso processo chimico, in cui i macchinari del Mae sono all’avanguardia a livello mondiale.
La storia affonda le radici negli anni ’60, quando l’Italia era leader nella produzione di fibra acrilica. Il percorso espositivo è concepito come un duplice viaggio: dall’apogeo delle fibre sintetiche nell’abbigliamento europeo del dopoguerra alle più recenti scoperte nella ricerca chimica e ingegneristica. Nella prima sezione, i visitatori incontrano un magazzino d’archivio robotizzato, illuminato da una luce bianca abbagliante. Una serie di bracci meccanici si muove lungo le pareti per estrarre foto, dossier tecnici e campagne pubblicitarie dei 50 anni di storia del marchio, portandoli su una piattaforma centrale dove consultarli. Lungo un corridoio è possibile osservare il processo di trasformazione della fibra acrilica in fibra di carbonio.
La seconda sezione è dedicata all’uso della fibra nell’industria contemporanea. All’interno di una sala nera arricchita da un’installazione immersiva, una serie di artefatti interattivi esplora le applicazioni sperimentali e mostra i prototipi più innovativi realizzati da aziende automobilistiche e aerospaziali.
Più di un museo: un hub per la ricerca
L’apertura non sarà un punto di arrivo ma di partenza, come tiene a precisare Paola Rovellini. Il Mae Museum prevede una programmazione di incontri con aziende, scuole e università, in partnership con istituzioni pubbliche e private, per stimolare dibattiti culturali e promuovere la divulgazione scientifica. «Il museo punterà a integrarsi sempre più con il territorio, le istituzioni e le accademie per dimostrare come il progresso tecnologico sia esso stesso cultura», aggiunge.
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