Macron: “Se la Cina non vuole la Nato nel sud-est asiatico non permetta alla Corea del Nord di operare in Europa”
Sei anni dopo l’ultima volta, la Cina ha deciso di non inviare il proprio ministro della Difesa allo Shangri-La Dialogue di Singapore, il più importante appuntamento asiatico sulla sicurezza. E questo già basterebbe a rendere l’idea del clima di tensione che si respira tra il Dragone e il blocco euro-atlantico. Dall’Ucraina alla guerra commerciale, fino all’influenza cinese nell’Indo-Pacifico e il dossier Taiwan, sono numerosi i punti di scontro. All’evento prendono parte, tra gli altri, anche il capo del Pentagono, Pete Hegseth, e il presidente francese, Emmanuel Macron. Ed è proprio il capo dell’Eliseo a lanciare un messaggio a Pechino che ha il tono dell’avvertimento: “Se la Cina non vuole che la Nato sia coinvolta nel sud-est asiatico o in Asia, deve chiaramente impedire alla Corea del Nord di essere coinvolta sul suolo europeo”.
Non è chiaro se le parole del capo dello Stato di Parigi si riferiscano alle esercitazioni congiunte svolte dalle truppe di Paesi Nato con i partner asiatici, alle loro basi in questi Stati o se sul tavolo esistono opzioni che prevedono un maggiore impegno dell’Alleanza sul fronte asiatico. Di certo c’è che il sostegno del regime di Pyongyang alla guerra di Vladimir Putin viene considerato anche una responsabilità della Repubblica Popolare, ufficializzando così un nuovo capitolo nello scontro tra i due blocchi. Tanto che, anche sapendo della partecipazione di Macron e Hegseth all’evento, Xi Jinping ha deciso di inviare a Singapore solo “una delegazione dell’Università nazionale di Difesa dell’Esercito popolare di liberazione”. Un’assenza, quella del titolare della Difesa, Dong Jun, che non si registrava dal 2019 e che non renderà così possibili i consueti incontri bilaterali a livello militare ministeriale tra Pechino e altri Paesi, a partire dagli Stati Uniti.
La mancata presenza cinese non ha impedito a Pechino di ribadire la sua contrarietà a quella che considera un’ingerenza degli Stati Uniti su uno dei temi più sensibili per il Partito Comunista Cinese: Taiwan. Il tema “è al centro degli interessi fondamentali della Cina e rappresenta la prima linea rossa da non oltrepassare nelle relazioni Cina-Stati Uniti”, ha voluto ribadire il portavoce del ministero degli Esteri, Lin Jian, commentando i report dei media internazionali secondo cui Washington intende aumentare la vendita di armi a Taipei oltre il controvalore dei 18,3 miliardi di dollari raggiunto durante il primo mandato Trump. Jian ha poi aggiunto che Pechino “si oppone con forza alle transazioni di armi americane alla regione di Taiwan”, sollecitando gli Usa ad “evitare nuovi fattori di tensione” e “ad aderire al principio della ‘Unica Cina‘” e alla conseguente sospensione della vendita di armi a Taiwan in modo da evitare “nuovi fattori che possano portare al rialzo delle tensioni”.
Anche sul fronte commerciale le cose non vanno meglio. Il segretario Usa al Tesoro, Scott Bessent, ha ammesso che le trattative con la Cina sono un “po’ in stallo e potrebbero aver bisogno di essere rilanciate con una telefonata tra Donald Trump e il presidente cinese Xi Jinping”. Ma poco dopo è stato il tycoon a intervenire come un ciclone sui rapporti diplomatici: “La Cina ha violato il suo accordo con gli Stati Uniti” sui dazi.
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