Marche

ma Tamberi e Mancini li paghiamo (600mila euro a testa)

ANCONA Tre giovani turisti sconosciuti a chiunque in giro per la regione. A fare da sfondo, immagini fugaci di luoghi che potrebbero trovarsi anche a Narnia. Non sempre semplici da associare alle bellezze marchigiane per uno che ci vive, figuriamoci per chi viene da oltre confine o – peggio ancora – dall’estero e le Marche neanche l’ha mai sentite nominare. Il format del nuovo spot promozionale – si fa per dire – Let’s Marche, che sta già andando in onda sulle reti Rai, è lo stesso proposto già dallo scorso gennaio, dopo l’epurazione del Roberto Mancini d’Arabia, testimonial diventato scomodo con l’addio alla nazionale azzurra. Tre ragazzi sconosciuti in primo piano a cui fanno da sfondo scorci marchigiani, buttati là in maniera ancora più caotica. Incomprensibile ai più. 

Un senso non ce l’ha

Per noi riconoscere la strada del Conero che conduce a Portonovo, un frammento della gola del Furlo e i bronzi dorati di Pergola è immediato, ma pubblicizzare le Marche con i marchigiani (e soprattutto: per i marchigiani) ha più o meno lo stesso senso del vendere il vino all’oste. Questi spot dovrebbero piuttosto renderci riconoscibili come destinazione a livello nazionale ed internazionale. Quindi: lo spot sarebbe destinato a tutti tranne che ai marchigiani, a meno che in Regione si siano convinti che gli unici turisti opzionabili per le Marche sono proprio i marchigiani. Non a caso, il refrain Let’s (declinato in vari modi: move, live, taste) è in inglese. Ma di fronte a queste immagini, perfino l’aplomb anglosassone cederebbe ad un colloquiale «ma che è?». Belle le immagini delle montagne imbiancate, bello il cavallo che compare all’improvviso, buonissime le pappardelle sparate in video. Ma a chi non le conosce le Marche andrebbero spiegate in modo più comprensibile, considerato che la Regione ha creato un’agenzia ad hoc (l’Atim) e ha pure arruolato due personaggi di primo livello per diffondere nel mondo il brand Marche: il Mancini di cui sopra e l’oro olimpico e mondiale di salto in alto Tamberi. Nessuno dei due compare nello spot. Assi dello sport peraltro non a buon mercato: i loro contratti da testimonial li stiamo pagando 1,2 milioni di euro totali (600mila euro per il primo; 600mila euro per il secondo). Ma Mancini è ormai da tempo un testimonial sbiadito (nonostante il contratto fino al 2025): la Regione dice che sponsorizza il brand Marche soprattutto nei paesi arabi, ma considerando che il suo ruolo da ct sulla panchina dell’Arabia Saudita sta traballando – ed è in rotta anche con i tifosi, perfetto per farci amare là – tra poco anche questa foglia di fico potrebbe cadere. Lungimirante, Palazzo Raffaello si è però accaparrato pure l’astro nascente Tamberi, modello anche per Armani, non l’ultimo degli sprovveduti. Ma neppure Tamberi (a cui è stata già liquidata la prima rata da 183mila euro) si palesa nel nuovo spot. E in (sacrosanta) vacanza post-stagione a Zanzibar, ha bucato anche la giornata delle Marche al Coni, dove pure erano in prima fila il presidente Malagò e il governatore Acquaroli (non proprio pizza e fichi). Almeno Mancini, l’anno scorso, aveva presenziato. Insomma, due testimonial che al momento non testimoniano niente. Ora: non è un imperativo categorico avere un uomo immagine. Ma già che ce l’abbiamo (anzi, ne abbiamo due), sfruttiamolo. Oppure, se vogliamo che siano le Marche a promuoversi da sole attraverso la loro bellezza mozzafiato, benissimo. Sintetizzando: fare spot comprensibili anche oltre Gabicce e Ripatransone sarebbe già un inizio. E magari diteci dove sono gli arabi tra noi, che gli facciamo una foto.




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