Cultura

Lucio Corsi – Volevo essere un duro

“La moda è la foglia, l’albero è l’arte”, scriveva Enrico Salvi, in arte Drigo, chitarrista dei Negrita, nel suo libro “Rock Notes” ormai più di vent’anni fa. E di foglie, almeno in ambito musicale, di questi tempi ce ne sono molte. Sventolano sui rami e si fanno sentire al ritmo del vento e quelle invece cadute colorano ed accompagnano i nostri percorsi. Nel frattempo l’albero è lì ed osserva tutto, facendo sentire e vedere la sua presenza, indiscutibile e longeva.

Credit: Press

Il nuovo album di Lucio Corsi è quel cantautorato italiano che emerge prepotentemente dalla molteplice e spesso ripetitiva scena musicale pop-contemporanea, riproponendo una canzone d’autore che avevamo un po’ perso tra gli scaffali ed i contenitori dei nostri vinili e che ha rappresentato ed accompagnato l’arte nel nostro paese. “Volevo essere un duro” esce dopo il trionfo a Sanremo e risente di uno smussamento sonoro rispetto alle precedenti produzioni, ma il cantautore maremmano era già noto ai più per la sua maestria nel mettere insieme e a contrasto realtà e sogno, disegnando melodie e strutture musicali en plein air da buon macchiaiolo toscano.

Un album che mette in secondo piano, ma comunque includendole, le tematiche naturalistico-onirico-spaziali che hanno caratterizzato tutta la produzione di Lucio Corsi sin dagli esordi, “Bestiario musicale” del 2017 ne è il manifesto, e che racconta i diversi momenti di vita vissuti dall’autore dall’infanzia all’adolescenza e qualche anno in più. Tra le molteplici interviste che si possono ascoltare e trovare in rete ciò che cattura l’attenzione è di certo l’affermazione dello stesso Lucio Corsi che ha più volte reso noto ovvero: “ho cercato un cambiamento nella parte testuale – spiega lui durante la presentazione avvenuta a Milano -. Ho cercato di parlare di persone in maniera più diretta, senza usare metafore come spesso nei precedenti dischi. Non ho usato il drone ma ho piuttosto messo il cavalletto a terra (torniamo all’arte ndr). Senza per questo rinunciare al sogno e alla fantasia. Volevo farlo perché molti dei cantautori che amo lo facevano e perché volevo mettermi alla prova”.  

Le ballate “Tu Sei Il mattino” e la title track “Volevo Essere Un Duro”, si alternano al puro Rock and Roll di “Let There Be Rocko”, tra Elvis e i The Blues Brothers, pellicola amata e più volte citata dallo stesso Corsi, e se in “Sigarette” troviamo l’idolatrato Ivan Graziani con l’intento di creare una metafora per riappropriarci di noi stessi e della nostra produttiva solitudine attraverso un gesto di routine (per l’artista) – “per stare soli servono carezze […] son geloso del mio tempo perso e dell’amara leggerezza nel dolcissimo far niente” – passiamo per Rino Gaetano in “Questa Vita” e per Edoardo Bennato ed un talkin blues nostrano in “Francis Delacroix”.

E’ questa la vera perla del disco, bisogna ammetterlo viste le potenzialità dell’artista, un pezzo che parla di un personaggio al tempo stesso reale e di fantasia, amico di Lucio Corsi che lui stesso descrive in un’intervista come “un mio amico di Volpiano, un fotografo, perciò un imprigionatore di voci e di rumori”. Qui godiamo di tutta la brillantezza, la lucidità e l’intelligenza creativa e divisiva di Lucio Corsi che ci offre un viaggio ironico e surreale tra la Storia ed il Tempo, dipingendo una carrellata di personaggi inseriti nei luoghi più disparati e inaspettati del mondo – “Francis Delacroix, Francis Delacroix tra gli animali dell’arca / Era un cavallo dell’esercito di Gengis Khan, che fu venduto a Don Chisciotte della Mancia” ed ancora – “Sui grattacieli di Manhattan c’era una sua fotografia / Quando era piccolo giocava con Siddharta sotto le vele di Scampia”.

L’album si conclude con “Nel Cuore Della Notte”, di vendittiana memoria, ed è una carezza finale data da un cowboy italiano che vive in quello che lui definisce come “il Far West in Maremma, una Toscana molto brulla e secca coi mulinelli di polvere in mezzo ai campi […] in cui ci sono i trattori che hanno 20-25 angeli custodi che sono gli aironi”. Citare il quadro “Butteri” di Giovanni Fattori è doveroso quanto efficace a riassume l’universo in cui Lucio Corsi è cresciuto e di cui la sua musica continua a nutrirsi.

Il mondo bucolico lascia più spazio al racconto della realtà e con questo album Lucio Corsi passa il Rubicone e fa un salto transnazionale (Eurovision) e transgenerazionale nonostante una produzione leggermente più debole rispetto alle eccellenti “Cosa Faremo Da Grandi” del 2020 e “La Gente Che Sogna” del 2023, ma in cui testi ed arrangiamenti sono un prodotto di ottima qualità.


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