Lucio Battisti, la Sony perde la causa con gli eredi sui diritti contesi
La Sony perde anche l’ultimo grado di giudizio della causa per ottenere dagli eredi di Lucio Battisti un maxi risarcimento, per aver vietato lo sfruttamento delle opere musicali dell’artista. Una partita che la società della vedova del cantautore, Grazia Letizia Veronese, e il figlio Luca Battisti, avevano già vinto sia in Tribunale sia in Corte d’Appello.
La vicenda
Al centro della richiesta della major, di circa 8 milioni di danni, la revoca del mandato alla Siae per l’utilizzo delle opere dell’autore di «Emozioni» sia sulle piattaforme digitali di streaming musicale sia negli spot commerciali. Un veto alla commercializzazione che avrebbe provocato alla ricorrente il danno economico, quantificato per le mancate sincronizzazioni. La Cassazione respinge, però, il ricorso della Casa discografica e conferma la correttezza delle conclusioni raggiunte dalla Corte d’Appello.
La Sony aveva sostenuto di essere esclusiva proprietaria di una serie di registrazioni fonografiche delle opere musicali interpretate da Lucio Battisti, in forza di contratti conclusi tra il 1966 e il 1994, dall’artista con la casa discografica e le società a questa riferibili. La Corte d’Appello aveva, però, chiarito che gli “accordi” discografici stipulati da Lucio Battisti oltre cinquanta anni fa non consentono di utilizzare le registrazioni fonografiche né online né per la pubblicità, senza il consenso degli eredi.
La decisione della Suprema corte
Per effetto della revoca del mandato conferito alla Siae, la Sony avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione per l’uso delle registrazioni sui canali digitali e telematici alle società riconducibili agli eredi di Battisti, in quanto ormai titolari dei diritti di edizione musicale delle opere, e non più alla Siae. Ma per la Suprema corte mancano «elementi idonei a far ritenere che, a seguito della revoca del mandato alla Siae, le parti – scrivono i giudici – avessero avviato una trattativa propedeutica alla conclusione di un accordo e, quanto al diritto alla sincronizzazione delle Opere, l’assenza di ufficiali proposte inviate agli aventi diritto». Per la casa discografica anche la condanna a pagare 25.000 euro per le spese di giudizio di legittimità.
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