Luca Carboni in mostra, la bella «malacopia» di quarant’anni da artista
«L’idea di questa mostra è nata dopo la malattia che fortunatamente si è risolta. Volevo svelare sempre di più questo mio viaggio personale e parallelo alla musica. Lo avevo tenuto per me per poterlo vivere liberamente senza ansie da prestazione e critiche. Negli anni ho avuto l’occasione di fare una piccola mostra a Mantova e a Lucca Comics e ho preso confidenza nel mostrare questo aspetto». Quello di Luca Carboni, anche nella musica, è sempre stato un percorso personale. Le sue parole alla presentazione della mostra Rio Ari O dice che c’è qualcosa di ancora più privato e intimo nella vita da artista del cantautore bolognese.
Ad accogliere il visitatore c’è quella maglia del Bologna «sette giorni su sette» che è l’incipit di Silvia lo sai e dice allo spettatore che sarà impossibile non canticchiare facendo il giro nelle stanze dedicate alle opere di Carboni. Sono quarant’anni di creatività libera e intensa raccontata attraverso le opere che hanno accompagnato quattro decenni di una carriera musicale di successo. Ci sono i testi delle canzoni, anche quelli che non sono diventati davvero canzoni, ci sono le copertine degli album, ci sono le immagini metafisiche dei portici, ci sono le cattedrali, ultime fra i soggetti del Carboni pittore.
Tutto è circolare, dalla musica al disegno e ritorno. «C’è qui il percorso di tutto quello che è stato il mio viaggio in questa arte parallela che ho portato avanti. Da bambino», racconta il cantautore, «non disegnavo, a scuola ero un disastro in educazione artistica. Con la prima copertina ho cominciato ad avere attenzione per l’immagine. Videomusic portava ad avere attenzione sul racconto visivo. E poi c’era Pupi Avati che girava in quel 1984 Noi tre e con Lucio Dalla, mio produttore, era nata l’ipotesi che potesse essere il regista del video della canzone** Ci stiamo sbagliando**. Non è stato lui a girarlo, ma io ho cominciato a fare tavole per far vedere al regista il racconto del canzone. Il disegno mi ha illuminato».
Da quella stessa canzone e sempre passando da Lucio Dalla viene il titolo della mostra. «Ho pensato che la prima cosa che le persone hanno sentito di me è questo suono che arriva ancora prima delle parole “Ci stiamo sbagliando ragazzi” nella prima canzone del primo album. Era un gioco nato assieme a Lucio mentre suonavamo in studio, un suono senza senso che è diventato un simbolo perché anche visivamente ha una sua armonia, un suo impatto».
Parte nel 1984 l’opera del Carboni artista e da lì prende le mosse la mostra curata da Luca Beatrice, critico e curatore d’arte contemporanea, ideata e prodotta da Elastica in
collaborazione con il Settore Musei Civici Bologna | Museo internazionale e biblioteca della musica. Arriva a oggi passando da tutti gli album di Luca Carboni sempre accompagnati ad una produzione fatta di disegni, schizzi e dipinti che raccontano il processo creativo dietro ogni brano, concerto o tour. Ci si trova in una sorta di dietro le quinte dove i block notes, gli appunti, i disegni e i quadri sono stati un percorso parallelo ma non disgiunto con i successi musicali. La copertina di Persone silenziose, per esempio, è nata da una visione del grande fotografo Luigi Ghirri che nel 1989 gli suggerì di ritagliare dai quaderni i “disegnini” (come li chiama lo stesso Carboni) e di fare un collage che è diventato la cover dell’album.
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