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Louis Vuitton, la Cruise 2026 sfila tra armature contemporanee e memorie epiche

Ci sono giorni in cui vestirsi è un atto di difesa, e le donne lo sanno sin dagli albori: il vestire può evolvere, ma l’armatura resta. Louis Vuitton ha appena portato la sua Cruise 2026 nella Cour d’Honneur del Palais des Papes, e l’immagine che si è accesa è quella di un’eroina moderna, non più salvata, ma salda, in cui la moda si fa corazza per affrontare il mondo senza cedere il passo. Ad Avignone, dove un tempo si pronunciavano scomuniche e si eleggevano papi, si è celebrato un altro tipo di potere: quello delle donne, dei loro corpi e dei loro abiti come strumenti per affrontare il quotidiano. Con questo spirito, Nicolas Ghesquière – che da sempre ama creare un forte legame con le location spettacolari delle sue collezioni – ha preso la storia per le redini e l’ha trascinata nel presente con una collezione sontuosa e affilata, capace di flirtare con l’estetica medievale senza scivolare nel costume.

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Il Palais des Papes, con la sua austera imponenza gotica, così come la colonna sonora Excalibur del compositore francese William Sheller, ha amplificato il senso degli abiti: tuniche ornate, mantelli arditi, jersey metallici che sembrano usciti da un sogno tra artigianato sacro e club post-apocalittico. Delle vere e proprie armature per il quotidiano, come le ha definite lo stesso Ghesquière, forgiate non nel ferro ma nei tessuti. La magia sta proprio lì, in quel difficile equilibrio tra il troppo e il giusto. Di fatto, è come se materiali e pattern, dalle pelli martellate come scudi ai ricami fitti, passando a knitwear articolati e persino fiamme di rogo portate con orgoglio – evocando la figura di Giovanna d’Arco – fossero gli elementi di prosa di un racconto epico collocato oltre la storia.

Louis Vuitton Cruise 2026. Getty Images

Louis Vuitton Cruise 2026. Getty Images

Sylvain Lefevre/Getty Images

Gli accessori sono estensioni narrative di questo approccio: stivaletti a calza tempestati di specchi e pietre, o ancora borse con telai di legno nate dalla collaborazione con Thomas Roger, giovane artigiano alsaziano – scoperto da Ghesquière attraverso il passaparola del modello olandese Marte Mei van Haaster. Non sono oggetti da portare, ma da maneggiare con cura e portare con sé dando vita a nuovi racconti di cui essere protagonisti. Tra questi anche le Alma bags, rivestite da decorazioni ispirate alla tecnica della miniatura libraria medievale: delle borse che sembrano provenire dall’atelier di un antico alchimista, e in un certo senso lo sono: custodiscono segreti, racconti, e il gesto politico di vestirsi come se si stesse ripercorrendo e riscrivendo la propria storia.

Louis Vuitton Cruise 2026. Getty Images

Louis Vuitton Cruise 2026. Getty Images

Sylvain Lefevre/Getty Images

Qualcosa che, in un certo senso, ha fatto lo stesso direttore creativo di Louis Vuitton, tornando nel luogo che non solo ha accolto per settant’anni il potere della Chiesa prima del suo ritorno a Roma nel 1377, ma anche degli importanti ricordi personali: Ghesquière visitò il sito UNESCO per la prima volta oltre vent’anni fa, assistendo a spettacoli di Pina Bausch, installazioni di Christian Boltanski e non solo. Influenze artistiche che hanno costruito il suo immaginario e influenzato la sua idea di fashion design.

In questo senso, la collezione non si limita a mettere in scena uno show, ma compie un gesto culturale su più livelli. In primo luogo, in quanto prima maison a sfilare nel cuore del Palais des Papes, e poi trasformando una location storica in palcoscenico per un racconto che affonda le radici nel passato – personale e collettivo – per immaginare nuovi futuri. In primo luogo, il futuro delle donne e delle loro battaglie. Ecco le immagini della sfilata Cruise 2026 di Louis Vuitton.


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