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Lorde: «Sono una donna, ma in me c’è una mascolinità davvero reale»

Una femminilità da scoprire, un’identità in continuo movimento. Con Virgin, il suo quarto album, in uscita il 27 giugno, Lorde vuole mettere a punto un atto di riappropriazione di se stessa. «Ho deciso che avevo bisogno di entrare pienamente dentro al mio corpo», racconta al Corriere la cantautrice neozelandese. Un’urgenza che nasce da quella sensazione comune nei vent’anni, «ritrovarsi improvvisamente a non capire che cosa sta accadendo». Ma per lei, la consapevolezza è arrivata chiara: «Si può passare un’intera vita a non sentirsi dentro il proprio corpo e ho deciso che invece volevo sentire tutto, sia ciò che è bello sia ciò che è grottesco».

Virgin è il titolo scelto per raccontare questa rinascita, ma la verginità, almeno in senso tradizionale, non c’entra. «La parola vergine ha varie accezioni e direi che quella della purezza sessuale era l’ultima della mia lista». Il riferimento, spiega, è piuttosto a una nuova versione di sé: «Cercavo una metafora della sensazione di rinascita che stavo vivendo, del sentirmi nuova e arrivare a una versione molto essenziale di me stessa, in cui mi spoglio di tutto». Anche la copertina – la radiografia del suo bacino con la spirale anticoncezionale ben visibile – partecipa di questo racconto: «Ho trovato bellissimo il mio ritratto in cui si vedono le ossa del bacino, i jeans e la cintura, un abbigliamento semplice e iconico, e poi si vede anche questa tecnologia che mi permette di essere una donna completamente libera».

Il tema del corpo è inevitabilmente intrecciato a quello dell’identità di genere, che Lorde esplora esplicitamente anche nel brano Hammer: «Alcuni giorni sono una donna, altri sono un uomo». E spiega: «Io sono una donna e mi sento una ragazza, ma al tempo stesso c’è anche questa mascolinità molto reale che fa parte di me e ne ha fatto parte per tutta la vita», dice. E precisa: «Anche quando ripenso alla me che tutti hanno conosciuto quando avevo 16 anni con Royals, ero spesso in abiti maschili, c’era questa qualità androgina in me».

Questa complessità attraversa tutto l’album: «C’è Man of the Year scritta alla fine del 2023, e poi GRWM che credo sia arrivata nella stessa settimana: in quel periodo avvertivo la mia mascolinità e poi due giorni dopo ero all’opposto, pensavo: “Non mi sono mai sentita più donna di così”». E proprio nel tenere insieme i poli opposti, Lorde ha trovato la sua verità: «Credo che proprio esplorare la mia mascolinità mi abbia permesso di essere la donna che veramente sono. Questo disco è un documento della mia femminilità e mi sono detta che se io mi sento donna in questo modo, non sarò certo l’unica».

Il tema dell’immagine, soprattutto in rapporto alla sua notorietà precoce, è un nodo che Lorde conosce bene. Ma rifiuta l’idea di essere stata più esposta di altre: «Non credo di aver subito pressioni fuori dall’ordinario, penso solo che sia abbastanza difficile essere una donna, punto». E aggiunge: «Si ha a che fare con le pressioni che arrivano da standard sempre e comunque patriarcali e poi credo di essere stata algoritmicamente destinata a essere in lotta con la mia immagine, anche perché le tecnologie che tutti usiamo sono come una lente di ingrandimento che amplifica il senso di inadeguatezza delle giovani donne».


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