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L’offerta di Mps porterebbe i nostri attuali soci al pieno controllo della nuova banca

Il prezzo non è giusto, anzi è “non congruo e del tutto inadeguato”. È il responso finale del consiglio di amministrazione di Mediobanca sull’offerta che il Monte dei Paschi di Siena del ministero dell’Economia, Del Vecchio, Bpm e Caltagirone ha lanciato su Piazzetta Cuccia.

L’offerta prevede lo scambio di 2,533 azioni Montepaschi per ogni titolo Mediobanca e partirà lunedi 14 luglio. Da Milano ribadiscono che va considerata operazione “ostile e non concordata”, “priva di razionale industriale e di convenienza per gli azionisti della banca”. La valutazione si basa sulle opinion espresse al board della banca milanese dai consulenti di Centerview, Equita e Goldman Sachs.

Dal punto di vista degli assetti proprietari, la considerazione più rilevante di Piazzetta Cuccia, è che in caso di pieno successo dello scambio azionario benedetto dal governo Meloni, il capitale della nuova Mediobanca targata Mps “sarebbe rappresentato per il 62% dagli attuali azionisti di Mediobanca e dal 38% dagli attuali azionisti di Mps. Ne conseguirebbe lo scenario paradossale in cui gli attuali azionisti di Mediobanca verrebbero a detenere la maggioranza del capitale sociale di Mps post offerta, nonostante l’offerente abbia dichiarato, nel documento di offerta, l’intenzione di voler acquisire il controllo (anche di fatto) di Mediobanca”.

Questo per le differenze dimensionali tra i due istituti, con l’agguerrito predatore che ha dalla sua la politica, ma è più piccolo della preda. Senza contare che due azionisti rilevanti di Siena, Caltagirone e la famiglia Del Vecchio, sono anche titolari complessivamente di poco meno del 30% di Mediobanca. Cosa che renderà facilmente raggiungibile l’obiettivo base di Mp, il 35% di Mediobanca, soglia che però ha dei limiti di governabilità e di limitato accesso ai vantaggi fiscali di una fusione tra i due istituti, che sarebbe invece alla portata della salita di Siena del 66,7% del capitale di Milano, l’obiettivo primario dell’operazione che consentirebbe al compratore di decidere anche sulle operazioni straordinarie della preda.

E così il consiglio di amministrazione della banca d’affari milanese ha buon gioco nel notare come la previsione di una doppia soglia di validità dell’offerta di Siena – l’una fissata al 66,67% (quale quorum idoneo a consentire di controllare l’assemblea straordinaria), l’altra fissata invece al ben più basso livello del 35% – “denota opacità in ordine alle reali finalità dell’offerta”. E che “la seconda soglia – irrinunciabile – del 35% segnala la volontà di perfezionare l’operazione, anche dinanzi ai rilevanti rischi di dissinergie e di distruzione di valore che caratterizzano l’offerta”.

A tal proposito, secondo i conti di Piazzetta Cuccia l’integrazione con Mps “comporterebbe rilevanti dissinergie, stimate dal consiglio di amministrazione di Mediobanca per un totale di circa 460 milioni in caso di fusione tra le due entità bancarie e fino a 665 milioni in assenza di fusione“.

Quanto agli azionisti, da Mediobanca notano come Siena non abbia chiarito chi comanderà al termine dell’operazione, “lasciando aperta una significativa incertezza sul ruolo di azionisti rilevanti come Delfin e Caltagirone, che sono presenti sia in Mps sia in Mediobanca (e in Assicurazioni Generali)”. Con quest’ultima che è la principale e più preziosa partecipazione di Milano, da sempre oggetto dei desideri di ricchi e/o potenti, italiani e non. “Questa situazione determina il rischio che una parte significativa del capitale post-operazione sia concentrata in pochi soggetti, senza che il mercato sia stato adeguatamente informato in ordine agli obiettivi perseguiti dai due azionisti nonché all’avvio e/o all’attuale pendenza delle interlocuzioni di questi ultimi con le Autorità di Vigilanza in merito all’eventuale superamento di soglie rilevanti”, si nota da Milano.

Con un appunto in particolare sul fatto che “il documento di esenzione non fornisce proiezioni sulla composizione dell’azionariato di Mps nell’ipotesi in cui le adesioni fossero inferiori al 66,67% del capitale sociale di Mediobanca, né chiarisce se siano state richieste le autorizzazioni regolamentari necessarie”.


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