Lo shopping adesso è visual. Ovvero: quando la moda si compra con una foto (spesso rubato per strada)
Sì, ripensando quindi alle riviste che un tempo conservavamo, il modo di fare shopping sta decisamente cambiando. L’approccio visivo agli acquisti, cioè a partire da un’immagine, una foto o un’ispirazione visiva per navigare, cercare, scegliere e acquistare, non è più appannaggio di una nicchia di appassionati di tecnologia: sta diventando proprio una modalità consolidata e diffusa.
Shopping visual: come funziona realmente
Oggi la tecnologia permette di trasformare qualsiasi immagine in un’esperienza di shopping immediata, grazie a una serie di applicazioni e strumenti sempre più sofisticati. Tra queste, Google Lens è probabilmente la più conosciuta: basta inquadrare un capo o un accessorio con la fotocamera dello smartphone, e l’app riconosce automaticamente forma, colore e dettagli dell’oggetto in questione, suggerendo link diretti ai negozi online dove è possibile acquistarlo o trovare prodotti simili.
Altre piattaforme, come Whizy, vanno oltre, combinando riconoscimento visivo e algoritmi di intelligenza artificiale per restituire risultati ancora più precisi: scatti una foto per strada o da uno schermo e l’app propone il capo esatto o alternative vicine, accompagnate da indicazioni sul prezzo e sul punto vendita.
In parallelo, alcune start-up propongono anche strumenti di «virtual try-on», che permettono non solo di identificare il prodotto, ma anche di visualizzarlo sul proprio corpo o accostarlo ad altri capi già presenti nel guardaroba digitale. In tutti questi casi, la fotografia diventa il nuovo punto di partenza dello shopping: l’immagine non è più solo fonte di ispirazione, ma il mezzo attraverso cui il desiderio si traduce rapidamente in acquisto, con una facilità che ricorda la magia delle riviste patinate, ma amplificata dalla potenza della tecnologia digitale.
L’altra faccia della «visual search»
I benefici di questa modalità sono evidenti: l’acquisto diventa immediato, spontaneo, quasi istintivo, e l’immagine diventa il primo linguaggio della moda (probabilmente anche perfetta per una generazione nata con smartphone in mano). Ma non sono tutte rose e fiori. Lo scatto e l’algoritmo non possono restituire la sensazione reale di un tessuto e la vestibilità su un corpo, per esempio. Il rischio non è forse che le aspettative create da un’immagine finiscano per deludere nella realtà? Inoltre, l’eccessiva facilità di conversione può alimentare un consumo impulsivo, meno consapevole. A differenza di una rivista che custodivamo e sfogliavamo lentamente, oggi la gratificazione è istantanea e sempre a portata di click. Ma a quale prezzo?
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