L’Italia Under 20 di basket dopo la vittoria dell’Europeo contro i commenti razzisti: «Ci avete dato la carica»
Il razzismo è sempre un boomerang. A prendere la botta in faccia però sono gli odiatori di professione, i razzisti che sparano insulti ad alzo zero, gli ignoranti che disquisiscono sul colore della pelle. Quando si apre la cloaca dei social, arriva il loro turno di entrare in scena. Ogni occasione è buona. Nella vita civile, così come nello sport. Lo è stata – una buona occasione – anche quella riferibile al percorso dell’Italia Under 20 di basket, che da qualche ora può fregiarsi del titolo di campione d’Europa di categoria dopo aver vinto la finale contro la Lituania. Un successo storico, dopo quelli arrivati nel 1992 e nel 2013. Ma anche una tappa fondamentale per tutto un movimento che si sta rinnovando e ha affidato ad una nuova generazione le speranze di (ri)entrare nell’élite della pallacanestro europea.
Quella che ha alzato il trofeo nel palazzetto di Heraklion, sull’isola di Creta in Grecia, è una nazionale nuova, inedita, futuribile. E’, anche, un meraviglioso impasto di storie, facce, vite, scelte, sogni, cadute, risalite. Un intreccio di destini che non può lasciare indifferenti e che anzi, giustamente, reclama la propria unicità. Come talvolta capita nello sport questo impasto ha innescato una chimica speciale. La vittoria dell’Europeo è arrivata anche così, grazie al melting pot che – finalmente – ha dato i suoi frutti anche in un campo di pallacanestro, così come avviene ormai da qualche anno in altri paesi che, rispetto all’Italia, hanno affrontato con più lungimiranza e sensibilità certe questioni sociali. Addentrarsi nell’organico allenato da coach Alessandro Rossi significa fare un viaggio in giro per il mondo, con la consapevolezza che per tutti i nostri azzurri è l’Italia la casa. Tra un nome e l’altro, tra una riga e l’altra, vi si legge in filigrana la storia dei movimenti migratori degli ultimi decenni. Una storia che a taluni dà fastidio, poiché viviamo tempi marci. E questi razzisti, sui social, hanno dato sfogo in questi giorni ai loro istinti più bestiali ricoprendo di insulti e offese ragazzi di vent’anni che non hanno altra ambizione se non quella di realizzarsi, giocando la loro partita.
Uno degli azzurri, David Torresani, con una storia Instagram sul suo profilo ha silenziato i razzisti con ironia. «Grazie mille a tutti i commenti negativi e razzisti sotto i vari post, ci avete dato la carica!». La storia di David, nato a Milano, è simile a quella di tanti altri suoi coetanei. Eliseè Assui è di Varese, i suoi genitori sono ivoriani. Charles Atamah è nato a Prato, Osawaru Andrew Osasuyi è nato a Magenta. Theo Airhienbuwa è nato a Isola della Scala, in provincia di Verona. Si sente cittadino del mondo, dice che farà il college a Tulsa, in Oklahoma. Nella sua storia su Instagram Torresani ha giustamente citato tutti i suoi compagni, da Assui, ad Atamah, da Osasuyi e Airhienbuwa a Trucchetti, Ferrari (votato Mvp), Iannuzzi, De Martin, Valesin e Zanetti. A proposito degli insulti ricevuti, che si sono rivelati la miccia del trionfo, Il presidente della Federazione Italiana Pallacanestro, Gianni Petrucci, ha commentato così: «Persone incolte e disconnesse dal mondo del 2025». Stop, si guarda avanti. La verità è che quella dell’Under 20 di basket è stata la vittoria di una squadra di talenti come raramente l’Italia ha avuto, è stata la vittoria della tenacia e della volontà, di un gruppo di ragazzi che hanno tra le mani non solo il pallone, ma il futuro. Ma non ditelo ai razzisti. Potrebbero starci male.
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