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L’Italia punta sugli F-35: il piano per stanziare 7 miliardi per 25 nuovi caccia


L'Italia punta sugli F-35: il piano per stanziare 7 miliardi per 25 nuovi caccia

Il nuovo Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa (2024-2026) è giunto in Parlamento per approvazione e tra le varie voci di bilancio appaiono 7 miliardi di euro per l’acquisizione di ulteriori 25 caccia multiruolo di quinta generazione F-35, e dei relativi motori ed equipaggiamenti. In quella cifra sono compresi anche i costi di aggiornamento periodico e di supporto logistico fino “prevedibilmente” al 2035.

Si tratta della terza fase del programma di acquisizione, che porterà il totale della flotta italiana di F-35 a 115 esemplari. Dei 25 velivoli in questione, 15 saranno della variante a decollo convenzionale, F-35A, e 10 della variante Stovl (Short Take Off Vertical Landing) ovvero a decollo corto e atterraggio verticale, F-35B.

Il programma di acquisizione originario per i velivoli di quinta generazione costruiti da Lockheed-Martin, a cui partecipa anche l’Italia (unico Paese, insieme al Giappone, ad avere uno stabilimento di assemblaggio), era per 131 macchine poi ridotte dal governo Monti a 90: 60 F-35A e 30 F-35B di cui 15 per l’Aeronautica Militare e 15 per la Marina Militare.

Quella decisione era stata dettata esclusivamente da considerazioni economiche e non da analisi della situazione geopolitica internazionale mostrando, per usare un eufemismo, molto poca lungimiranza: già allora – era il 2012 – si potevano chiaramente vedere i prodromi della crisi internazionale che stiamo vivendo oggi.

Ripetuti inviti delle forze armate coinvolte nel programma F-35 hanno portato il nostro Paese a riconsiderare finalmente il piano di acquisizione, e benché si sia ancora lontani dai 131 velivoli iniziali, il numero di caccia che sarà a nostra disposizione con la nuova decisione permetterà di esprimere un deterrente convenzionale più credibile ed efficace e contemporaneamente ridurre il carico di lavoro di cellule, piloti ed equipaggi. In particolare si osserva l’aumento del numero di F-35B, che passeranno da 30 a 40 – di quest’ultima tranche 5 saranno per l’AM e 5 per la MM – che dimostra la volontà di avere un gruppo aereo imbarcato misto più consistente in modo da poter mantenere la nostra presenza sui mari in modo più costante anche grazie ai lavori di adeguamento della nave portaeromobili polivalente “Trieste” – per una spesa di 50 milioni di euro – che è stata dotata di ski-jump e ponte di volo rinforzato per consentirle di poter operare con gli F-35B.

Lo scorso 4 luglio, il Governo aveva inoltre trasmesso alle commissioni competenti di Camera e Senato lo schema di decreto ministeriale di approvazione del programma relativo all’acquisizione di nuovo armamento per gli F-35B della Marina Militare, necessario per ottenere la Full Operational Capability (Foc) dei caccia. Nel documento,si leggeva che il programma di armamento ha lo scopo di dotare il Paese di un sistema d’arma aeronautico di quinta generazione (con orizzonte temporale operativo di almeno 30 anni), per fronteggiare efficacemente la crescente complessità degli attuali e futuri scenari operativi. Il munizionamento richiesto per le operazioni (bombe guidate a caduta libera, missili da crociera, missili aria-aria) secondo il decreto dovrà essere consegnato in un arco temporale di 14 anni e ha un valore complessivo di 682 milioni di euro (di cui 650 già finanziati).

Quest’ultima acquisizione di nuovi F-35 si aggiunge a una lista che permetterà finalmente al nostro Paese di recuperare lo svantaggio numerico collezionato in decenni di politiche di tagli alle forze armate: durante l’anno, infatti, sono stati presentati dal Governo importanti programmi tra cui l’acquisizione di 24 caccia Ef-2000 “Typhoon”, 10 G-550 Aew e Sigint , 6 nuove aerocisterne, 280 carri armati tipo Kf-51, 1000 veicoli corazzati da combattimento Kf-41, 21 Mlrs (Multiple Launch Rocket System) Himars, nonché due nuove fregate Fremm EVO e due sottomarini tipo U-212 Nfs EVO.

Si tratta di acquisizioni importanti, che però devono essere affiancate da una revisione generale del piano per il personale in quanto già ora le Forze Armate ne sono pericolosamente carenti stante il numero di impegni nazionali e internazionali che svolgono.


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