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Lista stupri al liceo Giulio Cesare di Roma: la protesta degli studenti | Il Fatto Quotidiano

“Vorrei parlare direttamente ai ragazzi che hanno scritto quello scempio sulle mura del bagno. Vi sentite forti? Vi sentite grandi? Così grandi da aver fatto quello che non dovevate senza avere nessuna ripercussione? Forse anche ridendo mentre scrivevate i nomi di tutte quelle ragazze. Ma sorge una domanda, cos’è che vi fa ridere. Cos’è che vi fa sentire così forti e intoccabili da ridere di violenze che donne subiscono tutti i giorni?” Il giorno dopo la scoperta della “Lista stupri” sul muro di un bagno del liceo classico Giulio Cesare di Roma, gli studenti si sono riuniti in assemblea straordinaria durante l’intervallo per far sentire la propria voce. A parlare per prima è una delle ragazze comparse nell’elenco insieme ad altri otto, tra cui c’è un ragazzo e i membri delle liste di rappresentanza della scuola. Non si sa ancora chi sia stato e quale sia il motivo.

“È grave quello che avete scritto tanto quanto la leggerezza con cui l’avete fatto – dice la studentessa – e non mi riferisco al ragazzo che ha scritto direttamente ma anche a tutti quelli che lo hanno appoggiato, che gli hanno detto ‘sì, va bene continua’ o anche che non hanno parlato’”. Lui, spiega la ragazza, è “un compagno”, “un amico”, “un fratello” di qualcuno. E’ solo “l’ennesima prova della cultura maschile e della sua oppressione” che si è sentito legittimato a ridurre “me e altre sette ragazze a oggetto, a mero scherzo usando la leggerezza che si userebbe per fare una lista della spesa”. “Non sanno – continua – cosa significa uscire di casa e avere sempre la paura che possa succedere qualcosa, non sanno cosa sono i commenti inopportuni, lo stalking o l’avere paura, e io voglio che almeno in scuola questa paura non ci sia. Vergognatevi perché è l’unica cosa che potete fare adesso”.

La lista è comparsa due giorni dopo la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Qualcuno ha anche accartocciato e strappato i fogli di una petizione, dei moduli per raccogliere la partecipazione a un’assemblea transfemminista. Sono stati distrutti anche le locandine della manifestazione del 25 novembre. “Pensi che dentro scuola si parli abbastanza del tema della violenza? – si leggeva sui fogli strappati e buttati via – Ritieni che rappresenti un problema? Se trovi un disagio, firma qui”.

Gli studenti sono in agitazione: hanno indetto un’assemblea straordinaria a ricreazione, organizzato un flash mob e condiviso sui social. “Io me lo aspettavo, ogni anno succede qualcosa – ci racconta Viola Mammì, che fa parte di un collettivo (Zero Alibi) – lo scorso anno avevamo attaccato alcuni striscioni sul tema e sono stati bruciati e buttati nel water”.

Chi prende la parola, denuncia un clima di generale giudizio e timore, anche legato alla scelta del vestiario, alla tacita accusa che si cela dietro il “com’era vestita?”. “Lo stupro – spiega un’altra studentessa prendendo la parola – è un atto gravissimo: distrugge la persona, deumanizzandola e rendendola al pari di un oggetto non solo fisicamente, ma soprattutto mentalmente perché il volere di quella persona non viene rispettato e considerato”. Ci sono gli applausi. “Sono scioccata da come una cosa del genere possa essere normalizzata. Sono stanca di piangere davanti alle violenze. Io sono arrabbiata”.

Anche i genitori si stanno muovendo sulle chat e scrivendo alla dirigente scolastica per far sì che si faccia luce sulla questione. “Il 25 novembre tutti ci siamo riuniti in cortile e tutti avevano un segno rosso in faccia – dice Mammì – poi sono comparse le scritte nel bagno e la preside prende la parola e spiega che c’è il ‘pieno sostegno nei confronti delle attività formative che docenti e studenti vorranno mettere in atto per far emergere ancora una volta il bel volto della scuola n cui ogni forma di violenza viene bandita’. Ma davvero l’importante è il volto della scuola e che la scuola non ne esca lesa? Quale modello di scuola ci viene presentato? Questo è un luogo che risulta sicuro? Vogliamo una scuola accessibile, aperta e sicura, non una scuola ostile”.

La preside Paola Senesi, nel giorno in cui il ministro Valditara ha esortato a fare chiarezza, ha ribadito con una nota “fortemente la condanna nei confronti di qualsivoglia stereotipo e violenza di genere sia essa fisica, verbale, psicologica o digitale”. La stessa preside, nel 2021, era stata contestata dagli studenti per essersi opposta a corsi sull’aborto e avrebbe precisato che per “volto” intendeva l’essenza della scuola stessa e degli studenti. Nello stesso comunicato la preside ha definito quanto avvenuto una “scriteriata esternazione”.


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