Ambiente

L’ippica fra cultura e sviluppo, forum Italia-Gb a Londra – Fiere e Eventi

Una riflessione sull’ippica in
Italia e nel Regno Unito e sul ruolo del cavallo inteso non solo
come “animale che corre” ma come essere vivente che va tutelato
dall’inizio alla fine della sua vita; e che, con l’ippoterapia,
può offrire a sua volta un grande contributo nella lotta alle
dipendenze ed al disagio mentale.

   
All’Istituto Italiano di Cultura di Londra si sono
confrontati sul tema il direttore generale per l’Ippica del
Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle
Foreste, Remo Chiodi ed esponenti di spicco del mondo britannico
dell’equitazione: un settore che oltre Manica, al di la
dell’essere un fenomeno di costume con eventi cari a reali del
calibro di Ascot, genera circa 85.000 posti di lavoro, produce
lo 0,3% del PIL (5-6 miliardi di sterline all’anno) e porta
nelle casse dello Stato fino a 1,2 miliardi di sterline in
entrate fiscali annue, tra tasse dirette (scommesse, reddito) e
indirette (IVA, tasse societarie). Numeri enormi rispetto
all’Italia, equiparata a una sorta di “sleeping giant”, gigante
dormiente, dell’ippica mondiale.

   
Tuttavia, come rimarcato nell’incontro da Chiodi, “nel nostro
Paese, grazie alla volontà del ministro Lollobrigida e del
sottosegretario La Pietra, è partita un’azione di profondo
rinnovamento e rilancio del comparto ippico, anche attraverso
azioni di promozione e riposizionamento in sede internazionale e
un nuovo brand, ‘Grande ippica italiana’, che punta a
valorizzare le nostre eccellenze, guardando al cavallo come a un
atleta ma anche come elemento di cultura, di valorizzazione del
territorio, di sostenibilità, d’inclusione sociale: quale attore
cardine nella riabilitazione di disabilità o anche soggetto di
temi artistici”.

   
Un impegno apprezzato da Brant Dunshea, amministratore
delegato della potentissima British Horseracing Authority, e
Paull Khan, della European and Mediterranean Horseracing
Federation, che hanno raccontato la storia del loro modello di
successo fondato in primis sul “rispetto dell’animale”. Modello
che secondo il direttore dell’Istituto, Francesco Bongarrà, “può
e deve essere replicato culturalmente ed economicamente in
Italia”.

   
A conclusione, l’appello di Chiodi: “L’Unesco riconosca il
contributo del cavallo alla civiltà umana attraverso
l’iscrizione del rapporto tra uomo e cavallo nella lista del
patrimonio culturale immateriale mondiale”.

   

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