L’idea di Tides of Tomorrow è fantastica! Speriamo lo sia anche il gioco…
Alle volte basta un’idea per farsi notare. Sì, il budget è importante, la pubblicità pure. Per non parlare del talento, dell’impegno, della dedizione. Ma alle volte basta comunque solo un’idea per far parlare di sé. Magari il concept è funzionale e la sua applicazione no, oppure l’ambizione porta in dote una serie di spigoli troppo appuntiti che rovinano la visione iniziale. Tutto può essere. Eppure, alle volte basta un’idea, e l’attenzione del pubblico viene attratta come se fosse una calamita. Tides of Tomorrow si nutre dell’originalità, ci sguazza, ne fa un vanto. E fa benissimo, perché è uno dei titoli concettualmente più intriganti a cui ho prestato un occhio nel corso della Gamescom 2025. Mi perdonerete se questo articolo sarà molto descrittivo, pieno di esempi pratici: credo sia al momento il modo più cristallino per farvi comprendere a pieno il gioco come me lo hanno raccontato gli sviluppatori di DigixArt.
Un nuovo modo di seguire la storia
Chi sono gli sviluppatori di DigixArt? Forse avrete sentito parlare di loro per Road 96 e 11-11 Memories Retold (ecco la recensione di Road 96). Il curriculum la dice lunga: hanno sempre cercato di porre la firma su prodotti forse non perfettamente riusciti, eppure dotati di una personalità assai distinguibile. Più di tutti, se ogni tassello si incastrerà nel modo giusto, sarà distinguibile Tides of Tomorrow, che è un “gioco narrativo in prima persona” – mi dice il team durante la presentazione.
“Abbiamo cercato un nuovo metodo di raccontare le storie nei videogiochi. Ci siamo chiesti ‘e se usassimo un’avventura multiplayer asincrona per narrare la vicenda?’ Il nostro è un concept molto strano, in cui il tuo viaggio sarà plasmato dalle azioni degli altri giocatori che hanno vissuto l’esperienza prima di te“. Preso atto della definizione, entriamo più nel dettaglio. Tides of Tomorrow ci conduce in un mondo dove la terraferma ha lasciato spazio all’espansione dell’acqua, un po’ à la Waterworld, per capirci. Qui esistono isolette/roccaforti erette dalla plastica e dai rifiuti (riuscite a sentire il profumo di tematica ambientalista, sì?), dove abitano gli uomini rimasti. Il problema non è però solo la mancanza di superfici solide sulle quali vivere, ma anche l’esistenza di una misteriosa malattia prodotta proprio dalla plastica, che si insinua nel corpo delle persone alla stregua di un fungo e ne cambia le fattezze. Gli autori hanno fatto un paragone col Cordyceps di The Last of Us, per farmi capire meglio quello che intendono con “infezione della plastica”.
Quando un essere umano si trasforma definitivamente, la sua pelle sembra quasi un’opera d’arte moderna, tra colori e venature in evidenza e diventa, per usare un’espressione del team, una sorta di “spazzatura di plastica”, che però appare esteticamente gradevole, bisogna ammetterlo. Quantomeno non sembrano dei mostri come gli infetti. In questo contesto si muove il nostro protagonista.
E dico “nostro” sia perché è totalmente personalizzabile (anche se con un editor alquanto basilare) sia perché vivremo proprio la “nostra” storia in funzione delle scelte compiute da un altro utente. Ora entriamo nel vivo. All’inizio dell’avventura dovremo scegliere di seguire un giocatore. Che sia presente nella nostra lista amici o sia un estraneo, poco importa. Ciò che conta è che abbia una percentuale di completamento superiore alla nostra, fosse anche del 7%, questo perché le azioni che avrà eseguito nella sua avventura impatteranno il nostro mondo; inoltre, i personaggi che incontreremo nel nostro cammino si ricorderanno di lui.
È come se agissimo lungo un percorso già battuto da qualcun altro sulla medesima linea temporale. Facciamo il primo esempio pratico. Subito dopo essere stati salvati dall’annegamento da una gentil donzella, proprio agli albori dell’esperienza, ci verrà offerta una medicina che dovrebbe aiutarci a tenere a basa la “Plastemia”, cioè la malattia indotta dalle microplastiche. Ora, la signorina ha una sola boccetta dell’intruglio di cui sopra e se il nostro predecessore l’avrà presa per sé, a noi non resterà alcunché da raccogliere. Lo stesso vale per chi, eventualmente, deciderà di seguire le nostre orme: spetterà a noi infatti, scegliere se lasciare la medicina a chi verrà o infilarcela nell’inventario. Questa è solo la prima di una serie di decisioni più o meno impattanti.
Fermi tutti: prima domanda! Che succede se iniziamo a giocare sin dall’arrivo sugli store e di conseguenza siamo tra i primi al mondo? Chi seguiamo? Nessun problema, il team ha pensato a tutto: gli sviluppatori stessi hanno preparato degli account caratterizzati da diverse percentuali, con i quali i primi utenti potranno collegarsi. Prima di continuare, altro quesito! Ma se voglio giocare offilne, che succede? Niente, si può fare: ci sarà una storia con salvataggi predefiniti e situazioni predeterminate. Però non è così che dovrebbe essere vissuto Tides of Tomorrow. “Se sei davvero allergico al multiplayer, puoi comunque giocare e divertirti” – sottolinea DigixArt – “tuttavia il nostro gioco è pensato per trasmettere un altro tipo di emozione. Può capitare che durante l’avventura tu ti chieda: ‘e se sto seguendo qualcuno che ha fatto sicuramente qualcosa di sbagliato?’ Ecco questa è la parte che secondo noi è più divertente”.
Ora per meglio capire che tipo di cambiamenti possiamo incontrare, vediamo altri esempi. Ho già citato la possibilità di trovare o meno la medicina. Benissimo, lo stesso principio si può applicare a tutte le altre risorse recuperabili nel gioco.
E non solo, perché sono coinvolti nelle scelte anche (e soprattutto) i personaggi. Se il nostro predecessore si mostra scortese con un NPC, allora riceveremo un trattamento di diffidenza, perché comunque facciamo parte dello stesso gruppo (abbiamo le medesime divise…), ossia i Tidewalkers, una comunità di nomadi marini.
Qualora un utente mettesse a soqquadro una piazzola, venisse beccato a rubare, allertasse le guardie e rompesse un ponte, finiremmo per muoverci in una isoletta nel caos, con la polizia che setaccia gli armadietti in preda alla paranoia (e così diminuiranno i luoghi in cui nasconderci), con isolani che ci metteranno i bastoni tra le ruote e con un ponte che dovremmo riparare per poter avanzare. Ogni azione impatta non solo sul mondo, ma anche sulle caratteristiche del nostro personaggi, i cui “tratti” (come la generosità, l’altruismo, l’istinto di sopravvivenza…) verranno evidenziati ogni volta che qualcun altro sceglierà di seguire le nostre orme, e così via, in una catena di eventi.
Un effetto domino che però prevede un’unica concatenazione: è possibile collegarsi solo con un giocatore, almeno finché non si raggiunge uno specifico punto dell’avventura. Nel caso in cui dovessimo superare la percentuale di chi ci ha preceduto, allora Tides of Tomorrow ci darà la facoltà di cambiare rotta. Letteralmente. Con una simpatica trovata, l’uso del binocolo in mare aperto ci permetterà di indirizzarci verso un altro utente che è più avanti nella trama, considerare i suoi tratti e valutare se sceglierlo o passare in rassegna ulteriori Tidewalkers.
Come funziona il gameplay
Tides of Tomorrow non è un open world. È diviso in zone più o meno aperte, in isole separate dal mare, luoghi che formano piccoli insediamenti (artisticamente suggestivi, in un’architettura “di fortuna” che dà nuova utilità all’immondizia) da esplorare e, ovviamente, condizionare. Potremo anche lasciare un segno del nostro passaggio sotto forma di emoticon o messaggi a chi verrà poi, come in Dark Souls o Death Stranding. Con la modalità visione, chiamata Tides of Time, è possibile osservare gli echi delle azioni precedenti, da quelle più lievi a quelle più narrativamente rilevanti. Quello di Tides of Tomorrow è dunque un sistema di ramificazione, all’apparenza, molto elaborato.
In questo modo abbiamo traccia del percorso effettuato, possiamo farci un’idea di cosa ci aspetta e di come agire per sistemare o complicare la situazione. In una zona soggetta a lockdown e coprifuoco a causa delle gesta sconsiderate della nostra “guida”, dovremo star attenti a non farci beccare dalle guardie, e parlare con gli abitanti scegliendo le opzioni di dialogo più corrette per non peggiorare lo stato delle cose. Nel caso in cui l’altro giocatore si comportasse da bravo cittadino, invece, regnerebbe la quiete in città, e potremmo muoverci con maggior tranquillità. Gli autori mi hanno mostrato due demo, ambientate nello stesso luogo ma in condizioni del tutto diverse, e la differenza era facilmente notabile. Chissà quante radicali variazioni ci aspettano nel gioco completo. I molteplici bivi sono pensati anche per massimizzare la longevità di un gioco che, a una prima partita, dovrebbe concludersi in circa 10-15 ore. Lo ricordo: non è un titolo in cui si rischia di perdersi all’interno di una mappa inutilmente vasta. Si passa con la barca da una zona all’altra, in maniera pressoché lineare. E non è un gioco d’azione in senso stretto. Durante le traversate sarà possibile imbattersi in “eventi oceanici”, in cui affrontare tempeste, gare di corsa e scontri a cannonate coi pirati. Questi duelli tra imbarcazioni saranno a quanto pare gli unici momenti in cui si sparerà, perché per il resto Tides of Tomorrow ci chiederà di dialogare, muoverci silenziosamente e – a mali estremi – scappare a suon di parkour tra i palazzi.
È insomma un’avventura a tutto tondo, tra mini-giochi, puzzle, tantissimi dialoghi, innumerevoli scelte, qualche raro combattimento tra barche e momenti stealth. La sconfitta è possibile, così come il game over, che ci farà ripartire tradizionalmente dall’ultimo checkpoint. In questo non c’è nulla di rivoluzionario.
Ma attenzione, perché bisogna tener d’occhio lo stato della malattia del protagonista. Se raggiungerà il picco massimo, quella in cui dovrebbe trasformarsi in “un’opera d’arte di immondizia” accadrà un colpo di scena, che com’è ovvio il team non vuole anticipare. Non ho provato Tides of Tomorrow, non ho ammirato ogni scorcio del suo mondo in Unreal Engine 5, non conosco le numerosissime (sulla carta…) diramazioni della sua storia né so per certo quanta varietà offrirà. Però l’idea mi è piaciuta parecchio e credo, come ho detto in apertura, che un concept così intrigante sia sufficiente, da solo, ad attrarre la curiosità di quei giocatori alla ricerca di qualcosa di nuovo.
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