Economia

L’export Usa di Gnl fa salire le bollette

Negli Stati Uniti, esportare gas naturale liquefatto (Gnl) è diventato un business strategico. Ma il boom delle esportazioni rischia ora di diventare un boomerang per i consumatori. A lanciare l’allarme è la U.S. Energy Information Administration (Eia), l’agenzia statistica e analitica del Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti, che nel suo ultimo Short-Term Energy Outlook segnala un trend preoccupante: la corsa del Gnl sta facendo aumentare i prezzi del gas e dell’elettricità anche sul mercato domestico.

Due tendenze si intrecciano. Da un lato, il gas è diventato la prima fonte per la produzione elettrica: nel 2024 ha generato il 42,4% dell’elettricità Usa, superando di gran lunga carbone (15,6%), nucleare (18,8%) e rinnovabili utility-scale (16,2%). Dall’altro, la produzione record abilitata dal fracking – tecnica utilizzata per estrarre gas naturale e petrolio da rocce sotterranee molto compatte, come lo shale (scisto) – ha aperto le porte all’export globale. Risultato: da una quota irrisoria dello 0,06% nel 2014, oggi il Gnl rappresenta l’11,6% della produzione statunitense. E a marzo e aprile 2024, per la prima volta, il gas destinato all’export ha superato il 50% di quello usato per produrre elettricità in patria.

Il nodo è che questa nuova dinamica impatta direttamente sui prezzi interni. “Nel 2025 e 2026 – scrive l’Eia – il rialzo dei prezzi del gas sarà trainato da una domanda estera che cresce più rapidamente dell’offerta interna”. In altre parole, l’alta domanda di Gnl da parte dei mercati internazionali sta facendo salire anche il prezzo del gas che fornisce circa il 40% dell’elettricità statunitense – un costo che, inevitabilmente, sarà trasferito sulle bollette dei consumatori.

Non è solo una previsione. Dopo lo shock energetico del 2022, innescato dalla guerra in Ucraina, i segnali sono già tangibili. In Virginia, ad esempio, la utility Dominion ha dovuto recuperare 1,28 miliardi di dollari di costi combustibili extra tra il 2020 e il 2023. Causa principale? L’aumento delle esportazioni verso Europa e Asia, dove i prezzi erano più alti. La stessa Dominion ha confermato che, nel marzo 2023, l’export aveva toccato il 18% della produzione nazionale. Per coprire il buco, la società ha emesso obbligazioni garantite da una voce in bolletta non bypassabile, da spalmare su oltre sette anni.

E non è un caso isolato. Autorità e utility in Ohio, Alabama, Missouri, Indiana, Mississippi e Colorado hanno collegato l’aumento delle bollette alle esportazioni di Gnl. Anche Moody’s ha lanciato avvertimenti simili.

Intanto, la capacità di esportazione continua a salire: nel 2024 gli impianti operativi hanno esportato 15,4 miliardi di piedi cubi di gas al giorno. Ma entro il 2029, questa capacità potrebbe crescere dell’84%, raggiungendo oltre 28 miliardi. Il rischio, spiega Ieefa, è che l’esposizione crescente ai mercati globali renda i prezzi domestici più volatili e meno prevedibili.

Il tema diventa ancora più sensibile alla luce dell’accordo energetico da 750 miliardi di dollari annunciato a luglio tra Unione europea e Stati Uniti, che prevede forniture crescenti di Gnl americano all’Europa. Secondo Ieefa, l’intesa rischia di mettere a repentaglio la sicurezza energetica dei consumatori europei e americani, consolidando una dipendenza da una fonte fossile costosa e soggetta a forti oscillazioni di prezzo.

A complicare il quadro, si aggiunge la domanda interna legata alla digitalizzazione e ai nuovi carichi dell’intelligenza artificiale, che spingono la domanda elettrica e, di riflesso, il fabbisogno di gas.

Il risultato è una rete esposta a shock esterni, dove i consumatori americani pagano il prezzo della competitività globale. Come sintetizza TradingNews: “Il gas Usa, un tempo vincolato ai confini nazionali, è ora esposto all’arbitraggio internazionale. I terminali Gnl prosciugano la costa del Golfo, mettendo sotto pressione l’offerta per Midwest e Nord-Est”.


Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »