Leva obbligatoria Croazia: impatti sulla comunità
29.10.2025 – 11.00 – Il ritorno del servizio militare obbligatorio in Croazia riapre un dossier che tocca non solo la difesa nazionale, ma anche i delicati equilibri identitari nelle aree bilingui dell’Istria e del Quarnero, dove è storicamente radicata la Comunità Nazionale Italiana (CNI). La riforma, approvata dal governo di Zagabria, prevede la chiamata annuale di circa 18 mila giovani diciottenni, impegnati in due mesi di addestramento militare e con una indennità mensile intorno ai 1.100 euro. A ciò si aggiungono incentivi nei concorsi della pubblica amministrazione e in diversi percorsi professionali dello Stato. Se per alcuni osservatori il provvedimento risponde all’attuale scenario di sicurezza regionale, segnato dal conflitto russo-ucraino e dal mutato equilibrio geopolitico ai confini orientali dell’Unione Europea, per la minoranza italiana rappresenta un banco di prova su tre livelli: tutela dei diritti linguistici, equilibrio identitario e integrazione civica.
La riforma stabilisce che l’obbligo di leva si applichi ai cittadini croati di sesso maschile, mentre le donne restano esentate, pur mantenendo il diritto di aderire su base volontaria sia all’addestramento militare, sia al servizio civile sostitutivo. Un dettaglio non secondario, perché nelle aree a forte presenza italiana – come Rovigno, Capodistria, Umago, Pola, Fiume e l’area costiera quarnerina – le giovani donne della CNI rivestono da sempre un ruolo centrale nella vita culturale, associativa e scolastica. La facoltà di aderire potrebbe dunque generare nuovi percorsi di cittadinanza attiva e partecipazione civica, con ricadute sul tessuto comunitario italiano.
Il principio cardine della riforma è chiaro: non esistono deroghe per appartenenza etnica o linguistica. Ciò significa che i giovani italiani con cittadinanza croata saranno soggetti agli stessi obblighi dei coetanei croati:
• convocazioni,
• visite mediche,
• scelta tra servizio militare e servizio civile sostitutivo,
• eventuale adesione volontaria nel caso delle donne.
In una società multilingue e plurale come quella istriana, la questione non riguarda soltanto l’uniforme, ma anche la capacità dello Stato di gestire il pluralismo culturale all’interno delle forze armate o del servizio civile. Nel perimetro delle aree ufficialmente bilingui, la riforma dovrà necessariamente confrontarsi con il quadro normativo sulla tutela linguistica. La Legge costituzionale sui diritti delle minoranze nazionali (2002) garantisce infatti l’uso paritario dell’italiano e del croato negli enti pubblici locali.
Questo significa che, laddove vige il bilinguismo, la leva dovrà essere amministrata anche in lingua italiana, comprese:
• comunicazioni di convocazione,
• modulistica per l’obiezione di coscienza,
• richieste per il servizio civile,
• certificazioni e rapporti burocratici con Comuni e istituzioni.
Un punto cruciale per assicurare parità di accesso e piena comprensione dei diritti e doveri, in una regione dove oltre il 50% della popolazione ha quotidianamente l’italiano come lingua d’uso. Uno degli aspetti più rilevanti per la minoranza italiana riguarda il servizio civile sostitutivo, previsto dall’obiezione di coscienza. Chi sceglie questa via non indosserà la divisa, ma svolgerà funzioni socialmente utili per tre o quattro mesi, quindi per un periodo più lungo rispetto alla leva militare.
Questo potrebbe comunque tradursi in vantaggi strategici per la CNI: una parte dei giovani potrebbe infatti essere destinata a operare presso istituzioni italiane riconosciute, come:
• scuole italiane,
• centri culturali,
• musei e biblioteche della CNI,
• associazioni culturali e sociali,
• media locali in lingua italiana.
Una prospettiva che, se gestita con lungimiranza, potrebbe rinforzare il continuum linguistico e culturale della minoranza, immettendo energie nuove nella rete di istituzioni italiane del territorio. L’introduzione della leva obbligatoria pone interrogativi identitari. La minoranza italiana, pur integrata e radicata, mantiene una forte specificità culturale. Il servizio militare – per sua natura istituzione identitaria dello Stato – potrebbe rappresentare, per alcuni, un potenziale fattore di assimilazione. D’altra parte, una leva strutturata nel rispetto del bilinguismo e del multiculturalismo potrebbe invece diventare una palestra di convivenza civica, nella quale i giovani italiani di Croazia affermano la propria identità partecipando alla vita pubblica senza rinunciarvi.
[f.v.]



