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L’emergenza è adesso, le testimonianze dalle carceri italiane nel rapporto dell’associazione Antigone: «Siamo in celle da sei con uno o due ventilatori a disposizione. Non si respira. Dovreste venire a vedere in che condizioni viviamo»

Questo è il resoconto della referente di uno Sportello di Antigone al termine della giornata di colloqui. «”Siamo tutti in celle da sei con uno o due ventilatori a disposizione. Non si respira e la situazione sta diventando insostenibile. Dovreste venire a vedere in che condizioni viviamo“, mi riferisce una persona arrivata a colloqui visibilmente affaticata con difficoltà a camminare e respirare. Negli uci ci sono i pinguini, mentre nelle sezioni detentive il caldo era asfissiante. Hanno messo dei ventilatori alti, ad esempio, nel corridoio della prima sezione, ma servono a poco. Le operatrici dello sportello sono dovute uscire dalla stanza dei colloqui (che solitamente corrispondono alla grandezza delle celle) perché non riuscivano a respirare. In più, la puzza di spazzatura è tremenda anche perché, in attesa che la ritirano, la lasciano nei corridoi. In una sezione in alcune celle l’acqua corrente è disponibile solo in alcune ore del giorno. Addirittura un detenuto, nella disperazione più totale, ha dovuto tagliare i fili della TV per attaccarli al ventilatore; ventilatore che quasi nessuno ha».

Non è la sola testimonianza. «Salve distinta associazione, mi rivolgo a voi con il cuore in mano di una madre e di una intera famiglia distrutta dal dolore. Mio figlio è in carcere da circa 3 settimane ed è affetto da disturbi psichici conseguenti all’uso di sostanze stupefacenti. Non può uscire in cortile, se non 2 ore alla settimana e la sua situazione di salute sta peggiorando. Ha solo 22 anni».

«Per il caldo torrido siamo costretti a buttare ogni giorno alimenti che non riusciamo a consumare, rischiando tutti i giorni una intossicazione alimentare. Le celle di pernottamento non solo sono al di sotto dei tre metri quadri calpestabili in violazione della normativa CEDU ma sono sprovviste di docce all’interno, di acqua calda e di bidet».

Con questo racconti si apre il rapporto di metà anno dell’Associazione Antigone, L’emergenza è adesso, frutto di 86 visite negli istituti penitenziari italiani effettuate negli ultimi 12 mesi dall’osservatorio dell’Associazione.

Al 30 giugno 2025 le persone detenute erano 62.728, in aumento di 1.248 unità rispetto all’anno precedente. A fronte di una capienza regolamentare di 51.276 posti, e con oltre 4.500 letti indisponibili, il tasso di affollamento reale si attesta al 134,3%. In ben 62 istituti il sovraffollamento supera il 150%, e in 8 casi addirittura il 190% – come a San Vittore, Foggia, Lodi e Roma Regina Coeli. Nel 35,3% degli istituti visitati c’erano celle in cui non erano garantiti 3mq a testa di spazio calpestabile.

Il piano di edilizia penitenziaria prevede 7.000 nuovi posti entro fine anno, ma nell’ultimo anno ne sono stati realizzati appena 42. Di contro, i posti effettivi disponibili sono diminuiti di 394.

La custodia chiusa riguarda oltre il 60% delle persone detenute, costrette a rimanere per ore in celle sovraffollate e bollenti. In piena estate, senza ventilazione adeguata e con accessi limitati all’acqua, la vita quotidiana in carcere è disumana. Le celle raggiungono i 37 gradi, con ventilatori acquistabili solo a pagamento e a numero limitato. Di poche settimane fa la testimonianza di Gianni Alemanno, letta in Senato.

Gravissima anche la situazione nelle carceri minorili, dove si dorme su materassi a terra, mancano le ore d’aria, e l’utilizzo di psicofarmaci è in allarmante crescita. Dopo l’entrata in vigore del Decreto Caivano, gli Istituti Penali per Minorenni hanno visto un aumento del 50% della popolazione detenuta in meno di tre anni. Oggi più del 60% dei ragazzi presenti è ancora in attesa di giudizio. Sono 91 i minorenni trasferiti in istituti per adulti solo nella prima metà del 2025.

Tra i provvedimenti più recenti, il Governo ha approvato un disegno di legge che prevede la detenzione domiciliare in comunità terapeutica per le persone tossico o alcol-dipendenti con pena residua fino a 8 anni. Ma dietro l’apparente apertura, secondo l’Associazione Antigone, si cela un’impostazione sbagliata: la nuova misura sostituisce l’affidamento in prova – già previsto per pene fino a 6 anni – con una forma comunque detentiva. In pratica, si sacrifica uno strumento più aperto e rieducativo in favore di un altro più restrittivo, escludendo tra l’altro le persone recidive con una pena superiore ai due anni, che rappresentano proprio la parte più fragile e bisognosa di supporto, in un sistema penitenziario dove il 62% dei detenuti è già stato almeno una volta in carcere. Una vera soluzione al problema può venire solo dalla depenalizzazione del consumo di sostanze, e da un rafforzamento delle misure comunitarie e socio-sanitarie. 

Il 14,2% delle persone detenute ha una diagnosi psichiatrica grave, e il 21,7% assume stabilizzanti dell’umore, antipsicotici o antidepressivi. Ma in 29 istituti il medico non è presente di notte. Manca personale, e anche se i concorsi sono stati banditi, il sovraffollamento rende ogni sforzo insufficiente. Il disagio si manifesta con numeri allarmanti: 22,3 atti di autolesionismo e 3,2 tentati suicidi ogni 100 detenuti. I suicidi registrati da inizio anno sono 45, un dato altissimo, secondo solo al 2024, l’anno peggiore di sempre. I soggetti più fragili – giovani, persone con disagio psichico, senza fissa dimora – pagano il prezzo più alto.

Le misure alternative esistono ma non vengono applicate abbastanza. Al 30 giugno erano 23.970 le persone con una pena residua sotto i 3 anni: potenzialmente idonee a scontare la pena fuori dal carcere, ma in larga parte dimenticate. Nel frattempo, più di 100.000 persone stanno scontando pene in esecuzione esterna, ma il dato non basta a frenare l’aumento in carcere.

«Antigone», dice Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione, «denuncia da anni come la detenzione debba essere extrema ratio, non una scorciatoia repressiva. L’attuale Governo, invece, risponde all’emergenza con l’inasprimento delle pene, l’introduzione di nuovi reati, l’illusione di soluzioni edilizie e l’inascolto delle proteste. Il risultato è un sistema penitenziario fuori controllo, che non solo viola i diritti fondamentali, ma tradisce ogni finalità costituzionale della pena, mettendo a dura prova la vita delle persone detenute e degli operatori penitenziari. La vera emergenza è adesso e non si affronta con nuove carceri, ma con coraggio politico, depenalizzazione, misure alternative credibili e rispetto per la dignità umana».

Per Antigone serve una riforma radicale del sistema penitenziario. Già nel 2022 ha presentato proposta per un nuovo regolamento, con interventi concreti per migliorare la vita quotidiana delle persone detenute:

  • più possibilità di contatti telefonici e video con l’esterno;
  • un maggiore utilizzo delle tecnologie digitali;
  • la drastica riduzione dell’isolamento come strumento disciplinare;
  • la prevenzione degli abusi;
  • la promozione della sorveglianza dinamica e di un sistema centrato sul rispetto della dignità umana.

Qui il rapporto completo.


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