lei gli aveva chiesto la separazione. Ora chiede un risarcimento da un milione di euro
ANCONA Nessun dibattimento. Verrà giudicato con il rito abbreviato il 55enne Davide Sebastianelli, recluso nel carcere di Montacuto dallo scorso maggio con l’accusa di aver tentato di uccidere a Sassoferrato la moglie, la 50enne Patrizia Ceccolini. La donna era stata accoltellata sotto casa, in via Bramante, a Sassoferrato: erano stati sette i fendenti che l’avevano attinta, tra l’addome e la schiena. La volontà di procedere con l’abbreviato è stata sostenuta ieri mattina dalla difesa dell’imputato, l’avvocato Marina Quadrini, nel corso dell’udienza preliminare davanti al gup Francesca De Palma.
Il faccia a faccia
In aula c’è stato un faccia a faccia tra Sebastianelli e la vittima, che si è costituita parte civile con l’avvocato Barbara Antonini: chiede all’uomo con cui ha condiviso un pezzo di vita un risarcimento danni di un milione di euro.
La donna, per le ferite riportate, ha dovuto subire tre delicati interventi chirurgici all’ospedale di Torrette.
A causa di un profondo fendente alla schiena, ha rischiato di perdere l’uso delle gambe. Si è costituito parte civile anche il vicino di casa che l’aveva salvata dalla furia del marito, armato di un coltello da cucina. «Se non te ne vai, ce ne è anche per te» gli avrebbe detto il 55enne, a cui è stato contestato il reato di minacce aggravate. Il vicino-eroe, rappresentato dall’avvocato Enrico Carmenati, chiede un risarcimento da 20 mila euro. L’abbreviato verrà discusso il 7 aprile.
I fatti
Sebastianelli è in carcere dal 6 maggio, giorno dell’aggressione in via Bramante. Quattro giorni prima di recarsi sotto casa della donna, al 55enne era stata notificata la lettera per la richiesta di separazione. Lui, stando alla ricostruzione della procura, era andato dalla moglie per un chiarimento su quel matrimonio che stava andando in frantumi. Vivevano già separati da qualche mese. È in auto che il litigio tra la coppia si sarebbe tramutato in un tentato omicidio: la 50enne era stata raggiunta da sette fendenti.
A parte della scena aveva assistito il vicino che stava passando di lì. Aveva portato la donna fuori dall’abitacolo, mettendola in salvo e fermando l’aggressore fino all’arrivo dei carabinieri. Durante l’udienza di convalida dell’arresto davanti al gip, il 50enne non era riuscito a parlare: «Posso farle una domanda, giudice? Come sta Patrizia? E mia figlia?» aveva chiesto in lacrime. La donna era finita in coma farmacologico dopo un primo lungo intervento eseguito per ridurre l’emorragia causata dai fendenti subiti. Il sospiro di sollievo per le sue condizioni è arrivato dopo giorni bui e pieni di dolore.