Basilicata

Legge elettorale, Meloni spiazza il Centrosinistra

Sono ore di passione in casa Pd costretto a rivedere anche le alleanze con Conte; intanto Meloni spiazza il centrosinistra sulla proposta di modifica di legge elettorale


È rimasto spiazzato il centrosinistra di fronte alla proposta di modifica di legge elettorale che vorrebbe introdurre la coalizione meloniana. Tanti i malumori di fronte alla mossa dello stato maggiore del governo – lato Meloni – che ha scoperto le carte sulle regole del gioco in vista delle politiche del 2027: proporzionale con premio di maggioranza, soglia di accesso al 40% per accedervi, eliminazione dei collegi uninominali, e indicazione del candidato premier sulla scheda.

L’inquilina di Palazzo Chigi ancora una volta sembra mettere il dito nella piaga del centrosinistra. Perché quest’ultima continua a essere una coalizione assai eterogenea per trovare una sintesi sia programmaticamente sia rispetto all’annosa questione della leadership. Il taglio dei collegi uninominali unico collante per trovare un accordo con M5S, sinistra e diversamente centristi, allontana le possibilità di un accordo e soprattutto allontana la possibilità di rendere competitiva la coalizione. Stralciato il lodo Franceschini, secondo cui si può stare assieme nei collegi senza essere una coalizione in termini politici con un programma politico e un candidato premier sulla scheda.

E così con un tratto di penna la presa di posizione di Meloni &Co apre il dibattito a sinistra: e adesso cosa facciamo? Un proporzionale puro seppur con effetto maggioritario cambia lo schema di gioco.
Primo nodo da sciogliere: chi sarà il leader del campo progressista? Difficile che a oggi l’avvocato del popolo accetti Elly Schlein come punto di riferimento dei progressisti. E difficile al contempo che un pezzo di Pd possa mai accettare Conte come leader del centrosinistra. Per non parlare dei diversamente centristi come Matteo Renzi e Carlo Calenda. Tutto si rimescola e tutto si complica.

Una strada può essere quella delle primarie di coalizione, ormai dimenticate nel centrosinistra.
E così la strategia meloniana sembra essere azzeccata: avversari impreparati a questo scenario e vittoria nel 2027 possibile. Quest’ultimo è l’appuntamento cerchiato in rosso anche perché il prossimo Parlamento eleggerà il prossimo capo dello Stato. E la destra fin qui non ha mai toccato palla.

Insomma le ricadute politiche nel centrosinistra sono molteplici. Se passasse la legge meloniana Schlein dovrebbe rivedere il disegno politico. I cosiddetti riformisti del Pd la aspettano al varco: «Vediamo se Elly ha una carta da giocarsi…». Non a caso, Osvaldo Napoli, membro della segreteria politica di Azione e conoscitore delle cose di palazzo, la mette così: «L’idea, in attesa che qualcuno si incarichi di trasformarla in proposta, sembra congegnata per mettere il Pd davanti al bivio.
Scegliere la gara solitaria, imporrebbe a Schlein di ridefinire la linea politica. D’altra parte, in alleanza con il populista Conte significa regalare letteralmente a Meloni un Btp con scadenza trentennale ad alto rendimento».

Insomma, sono ore di passione al Nazareno. Ed è la ragione per cui un democrat, come Roberto Morassut, rilancia un grande classico del dibattito sulla legge elettorale: il ritorno delle preferenze. «Dal 2006 – osserva Morassut – in poi si è sottratta ai cittadini la possibilità di scegliere attraverso un voto di preferenza o di solo collegio uninominale la candidata o il candidato alla Camera o al Senato, penso che questa cosa abbia indebolito i partiti e il Parlamento, perché l’autorevolezza di una classe dirigente deriva anche dal suo radicamento nel territorio.

E ancora, rispetto all’idea meloniana: «Io non sono un fan del proporzionale perché è un sistema che porta in sé molta instabilità. E penso che la disaffezione dalla politica dipenda anche dai continui cambi di legge elettorale, che finiscono per confondere gli elettori. Pero’ questa legge elettorale va cambiata e credo che il Pd debba avere un ruolo da protagonista nel confronto tra maggioranza e opposizione».

E poi c’è Giuseppe Conte. Non è dato sapere quale sarà la sua prossima mossa. Di sicuro l’ex premier sogna il ritorno a Palazzo Chigi. E raccontano sia in fondo rallegrato dalla mossa meloniana dell’introduzione del candidato premier sulla scheda. Perché, come dice un pentastellato di rito contiano, «così usciamo da questo equivoco: si dovrà fare una scelta: o Conte o Schlein». A meno che – come sussurrano nel palazzo – non spunti un papa straniero. Un Prodi 2.0.

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