Ambiente

L’educazione digitale non è un’opzione, ma un diritto

C’è un’Italia silenziosa, fatta di smartphone nelle mani dei bambini, di ore trascorse davanti a uno schermo, di adolescenti che costruiscono la propria identità – e spesso la mettono in discussione – attraverso un profilo social. In questa Italia, l’accesso al digitale è sempre più precoce, quotidiano e, in troppi casi, solitario. Senza adulti preparati ad accompagnare, proteggere e guidare.

È di estrema importanza accendere un riflettore su questa realtà, mettendo al centro bambini, bambine e adolescenti che vivono ogni giorno immersi nel mondo online. I dati parlano chiaro: già tra i 6 e i 10 anni, quasi un terzo dei bambini (29,9%) utilizza lo smartphone quotidianamente. Nella fascia tra gli 11 e i 13 anni, il 62,3% ha almeno un account social, nonostante i limiti di età previsti. Più dell’80% dei preadolescenti chatta regolarmente, circa un terzo pubblica contenuti, e uno su tre è stato vittima di comportamenti offensivi online, come il cyberbullismo.

Non possiamo limitarci a reagire solo davanti agli episodi più gravi. La mancanza di una educazione digitale strutturata sta creando un vuoto educativo enorme. È il momento di riconoscere che l’educazione digitale non è un’opzione, ma un diritto, come ci ha ricordato anche il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti dell’infanzia e l’adolescenza. E come tale va garantito, partendo dagli adulti: genitori, insegnanti, educatori, che devono essere messi in condizione di accompagnare i più giovani in un percorso consapevole e sicuro nell’uso della rete.

Non si tratta solo di proteggere: si tratta di fornire strumenti per leggere la realtà digitale, per riconoscere i rischi, ma anche le potenzialità che il web offre in termini di partecipazione e crescita.

Questo processo educativo deve però fare i conti con un tema fondamentale: le disuguaglianze. I dati ci dicono che nelle Isole, quasi un bambino su due tra i 6 e i 10 anni usa lo smartphone ogni giorno (47,4%), contro meno di uno su quattro al Nord (23,7%). Sempre nelle Isole, il 32% degli studenti di terza media non raggiunge le competenze digitali minime. Il divario digitale non è solo tecnologico: è sociale, territoriale, educativo. Ed è proprio in queste aree che l’intervento deve essere più forte e mirato.


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