Leave No Shadows :: Le Recensioni di OndaRock
Sotto il nome di Chrysanths, la musicista di Glasgow affronta una prima opera in piena autonomia: le radici indie-pop e folk sono accantonate in favore di un’avvolgente e alchemica fusione di neoclassical, jazz, elettronica e folk-pop.
Non è stato un parto facile, “Leave No Shadows”, inizialmente concepito con il solo ausilio di un pianoforte e poi elaborato e ampliato con un elegante e colto chamber-pop. Densi, a tratti impalpabili, gli arrangiamenti orchestrali si sottraggono alla fisicità del gruppo madre per un’estatica versione al femminile del primo Scott Walker (“Greenhouse”), in un crescendo di suggestioni che pian piano si tinge di toni drammatici e intensamente poetici (“Blinds”).
Le nove tracce sono melodicamente soavi e agili (“Stones”), le melodie sono schive, introverse (“Landscapes”), il tocco vellutato della batteria di Owen Curtis Williams offre un buon contrappunto alle sontuose orchestrazioni (“Late Bloomer”), anche se sono le articolate geometrie della bassista Susan Bear l’elemento che caratterizza gli episodi più audaci (non a caso Emily Scott è anche una maestra di basso e contrabasso).
Non sorprende dunque che il clima autunnale di “Snow” sia scandito, oltre che dall’orchestra e dall’intensa voce di Emily, anche da dissonanti partiture di basso che ne intercettano il solido romanticismo, una narrazione che Chrysanths conserva saldamente per tutto l’album, lasciando fluire solide nuance jazz che trovano esegesi finale nella sontuosa “Fleet”.
“Leave No Shadow” è un’interessante opera prima per Emily Scott, un primo tassello di un percorso in autonomia rispetto al gruppo madre dei Modern Studies, le cui potenzialità sono ancora tutte da esplorare.
08/12/2024