Le verità di Garlasco, il documentario sul caso Chiara Poggi riaperto dopo 18 anni. L’ex comandante dei carabinieri: «Mi colpì la freddezza di Stasi davanti al volto insanguinato della fidanzata»
Una mattina di agosto del 2007, il corpo senza vita di Chiara Poggi viene ritrovato nella villetta di Garlasco dove viveva con i genitori. Diciotto anni dopo, quel delitto che ha spaccato l’opinione pubblica e riempito le pagine dei giornali torna sotto i riflettori con una nuova, inquietante domanda: e se non fosse andata come abbiamo creduto finora?
A raccontare i nuovi elementi e gli interrogativi legati alla riapertura del caso è il documentario Le verità di Garlasco – L’omicidio di Chiara Poggi, in onda stasera (venerdì 13 giugno) alle 21 su Sky TG24 e disponibile on demand e su skytg24.it. Il lavoro, a cura di Tonia Cartolano e Diletta Giuffrida, ricostruisce le tappe del caso, dalle prime ore fino al colpo di scena che ha riaperto l’inchiesta, questa volta con un nuovo indagato.
Nei mesi scorsi, la Procura di Pavia ha ufficialmente iscritto nel registro degli indagati Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, già finito due volte nelle indagini ma mai formalmente accusato. Un nome tornato improvvisamente d’attualità grazie a elementi che, a distanza di anni, sembrano ora chiedere ascolto. Ma se oggi la giustizia prova a riconsiderare tutto, è anche perché su quel caso emblematico aleggia ancora l’ombra degli errori commessi durante le prime indagini.
«Questo caso più di altri ha stimolato l’istituzione a prendere atto che era sicuramente migliorabile l’approccio investigativo, soprattutto il primissimo approccio alla scena del crimine»: a riconoscerlo è il generale Giampietro Lago, all’epoca comandante del Ris di Parma e tra i massimi esperti di scene del crimine in Italia. Lo afferma nel documentario: «È innegabile che siano stati commessi, soprattutto nella prima fase, degli errori o delle negligenze, ma questo è già nelle sentenze».
Tra i primi ad arrivare nella villetta di via Pascoli, la mattina del 13 agosto 2007, c’era il comandante dei Carabinieri di Vigevano, Gennaro Cassese, che interrogò per primo Alberto Stasi, il fidanzato della vittima. È lui stesso a raccontare un dettaglio che ancora oggi lo inquieta: «Una delle cose che mi colpì nel suo racconto del ritrovamento del corpo di Chiara Poggi fu che descrisse il volto della ragazza pallido, quando invece la ragazza aveva il viso completamente sporco di sangue e coperto dai capelli», spiega davanti alle telecamere.
Cassese non si accontentò. Chiese che gli fosse inviata da Pavia una foto del volto della vittima. Quando gliela mostrò, Stasi non ebbe alcun cedimento: «Gli fu esibita e davanti alla quale Stasi ebbe una reazione di estrema calma e freddezza».
Stasi fu condannato in via definitiva nel 2015 a 16 anni per omicidio volontario ed è ora in semilibertà. Ma il documentario non si limita a riaprire lo sguardo su di lui: amplia il quadro, inserendo le voci di chi ha analizzato il caso nel suo complesso, tra cronaca nera, media e società.
A ricostruire la vicenda nei suoi sviluppi giudiziari ma anche nel suo impatto mediatico, il giornalista Piero Colaprico, che per anni ha seguito i più importanti casi di cronaca nera in Italia.
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