Cultura

Le ultime immagini di Keith Moon dietro una batteria

L’ultima apparizione filmata di Keith Moon in The Kids Are Alright diventa un addio struggente al batterista più imprevedibile del rock.

Quando il documentario The Kids Are Alright uscì nel 1979, pochi potevano immaginare che sarebbe diventato l’ultimo saluto filmato di Keith Moon, il batterista più imprevedibile e geniale del rock britannico.

Diretto da Jeff Stein, il film racconta la parabola dei The Who, dalle origini mod alla consacrazione come band simbolo di un’intera generazione. Oggi, rivederlo significa assistere non solo a una celebrazione, ma a un addio.

Un progetto nato da un fan

L’idea del film nacque in modo quasi casuale: un fan si presentò alla band con un promo amatoriale, e da lì partì tutto. Roger Daltrey, in un’intervista ricordata da Parade, ha spiegato che il gruppo pensava di trovarsi davanti a un progetto minore: «Pensavamo sarebbe stato un piccolo montaggio economico, invece finì per costare un occhio della testa. Ma Jeff fece un gran lavoro» (Roger Daltrey).

Riguardandolo oggi, Daltrey lo definisce «un documento importante e senza pretese», capace di catturare la band nel suo momento più alto, in tutta la sua “anarchia controllata”.

Il concerto di Shepperton: un addio inconsapevole

Tra le varie sequenze montate nel film – vecchi promo, apparizioni televisive e set ai festival – spicca la performance registrata agli Shepperton Studios nel maggio del 1978, l’ultima volta in cui Moon avrebbe suonato con i The Who.

«Fu l’ultima volta.», ha ricordato Daltrey. Un momento di pura energia live, quella che la band non riusciva mai a ricreare completamente in studio: «Le quattro pareti di uno studio non potevano contenerci. Dal vivo eravamo esplosivi».

Riguardando oggi quella sequenza, il batterista appare in una forma diversa, più provata, ma ancora capace di dare al pubblico quella miscela di follia, ritmo e istinto che aveva reso i The Who un fenomeno unico.

Il private screening e le lacrime

Pochi mesi dopo quella registrazione, nel settembre 1978, Keith Moon morì improvvisamente a soli 32 anni. Ma prima di andarsene, ebbe modo di vedere The Kids Are Alright in anteprima privata con Daltrey.

La scena descritta in un articolo di Andrea Reiher su Parade è di una delicatezza disarmante: Moon, davanti allo schermo, scoppia in lacrime.
«Era come un bambino. Piangeva, era devastato», ha raccontato Daltrey. «Gli dicevo: “Keith, sei la stella del film. Senza di te sarebbe noiosissimo.” Ma lui continuava: “Sono ingrassato, non riesco più a suonare come prima.»

Dietro quella fragilità c’era la consapevolezza di un artista che vedeva svanire la propria forza vitale. «Dev’essere stato come cadere da un dirupo, perché vidi quel ragazzo pieno di energia trasformarsi in un uomo segnato in pochissimo tempo».

Un monumento al caos e alla passione

Per i fan, The Kids Are Alright non è soltanto un documentario. È un monumento alla vitalità di Keith Moon, alla sua personalità travolgente e alla sua capacità di rendere ogni colpo di batteria un atto di libertà.

Come ha sintetizzato lo stesso Daltrey, «è la passione che vive nella nostra musica sul palco a rendere i The Who speciali».
E quella passione, fissata per sempre in pellicola, continua a vibrare in ogni immagine del film: Keith Moon, l’uomo che trasformò il ritmo in spettacolo.


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