Le strade dei forti – la pianura pinerolese fra castelli e incontri inaspettati
Oche, ochette e ambienti fluviali
A Villafranca Piemonte, abitato dove inizia il cammino, ci imbattiamo immediatamente con una suggestiva proposta che amplia il nostro percorso: il sentiero delle Ochette. Si tratta di un sentiero ad anello di 12,6 chilometri che percorre le due sponde del fiume Po, unendo Villafranca Piemonte a Cardè. Appena partiti, diversi pannelli illustrano le oltre 100 specie di uccelli che nidificano nell’area fluviale: alcuni di questi sono di più facile avvistamento, altri un po’ meno; di molti, comunque, è possibile ascoltare il piacevole canto. Il tragitto è ben segnalato da cartelli a forma di ochette, con alcune bacheche contenenti approfondimenti di carattere storico, come quelli che narrano l’uso degli edifici novecenteschi dedicati a colonie elioterapiche (queste strutture ospitavano, per un soggiorno fortificante, i ragazzi dai sei ai dodici anni: gratuito per i poveri, tariffa ridotta per i meno abbienti, tariffa piena per i benestanti). Continuando lungo il sentiero, ci accorgiamo che il paesaggio fluviale evolve, presentando prima ripe ricche di vegetazione arborea e arbustiva, poi un ansa spoglia, dove si può intuire il millenario lavoro di deposito e di erosione.
Gli amici del Po, https://www.amicidelpo.it/index.php , è l’associazione che ha ideato e che mantiene il percorso, realizzato in collaborazione con l’Ente di Gestione delle Aree protette del Monviso. L’associazione, molto attiva, propone delle piacevoli iniziative che tendono a valorizzare le ricchezze della località.
La cartografia del percorso del sentiero delle Ochette è consultabile qui.
https://www.amicidelpo.it/o-map/
Un rilievo solitario nella pianura
Dopo questa prima digressione, iniziamo il cammino vero e proprio. La modellazione geologica del territorio rende davvero caratteristica la Rocca e il centro abitato di Cavour: un luogo ricco di storia e di storie. Per conoscere al meglio questi luoghi, ci siamo affidati alla competenza di Anna Lorenzatto, conservatore archeologo del Museo Archeologico di Caburrum e dell’Abbazia di Santa Maria di Cavour.
Anna inizia così a raccontarci che: “La Rocca di Cavour, che si erge per 162 m inaspettatamente nella pianura, ha da sempre rappresentato un punto di riparo, di riferimento e di controllo sul territorio fin dalle epoche più remote. Accanto alle evidenti peculiarità geologiche e al notevole interesse naturalistico che la caratterizzano e per le quali fin dal 1980 è inserita nelle aree protette piemontesi, si possono riconoscere infatti numerose tracce di frequentazione umana a partire dal Neolitico, dalle importanti attestazioni di arte rupestre, quali numerose incisioni e un’eccezionale esempio di pittura preistorica su roccia, ai resti delle fortificazioni medievali, alle antiche vestigia sepolte del centro romano di Forum Vibii (Caburrum), già citato da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia (Plinio, N.H., III, 117).
È ancora estremamente frammentario, ma tuttavia ricco di suggestioni, il quadro ricostruttivo della città antica e del suo agro, dal periodo della sua fondazione (I secolo a.C.) sino alla tarda antichità e all’affacciarsi del medioevo, quando sui resti del centro romano sorsero edifici religiosi destinati a marcare, con la loro presenza, l’importanza del luogo come crocevia di strade terrestri e di vie d’acqua tra la pianura e la montagna. All’interno del Parco Naturale della Rocca è situato infatti il complesso dell’abbazia benedettina di Santa Maria, fondata nell’XI secolo dal vescovo di Torino Landolfo, nei cui spazi è allestito il Museo Archeologico di Caburrum.
Le testimonianze materiali presenti nel territorio sono indizi certi di un’inequivocabile e significativa continuità insediativa fino al giorno d’oggi e concorrono a rendere a tutti gli effetti Cavour e il Parco Naturale della Rocca, con la loro storia millenaria e le particolarità ambientali, un museo a cielo aperto.”
Dopo aver ringraziato Anna per la sua competenza e capacità di coniugare i diversi aspetti, proseguiamo lungo la via.
Meravigliosi giardini
I musei a cielo aperto di questo territorio sono davvero numerosi, e tutti sono, nella loro unicità, meravigliosi. Il riferimento al sentimento di meraviglia lo ricaviamo direttamente dal sito dedicato al Distretto pinerolese delle Ortensie: https://visitapinerolo.it/esperienze/lortensieto-del-pinerolese/
Si tratta di cinque affascinanti giardini e dalle loro collezioni di ortensie: il Parco di Villa Prever, in centro a Pinerolo, il Giardino della Villa Le Ortensie di Carlotta, sulla collina pinerolese vicino alla basilica di San Maurizio, il Parco Storico Il torrione, il Parco del Castello di Miradolo e il Parco Comunale Villa Widemann nel vicino San Germano Chisone. Il periodo migliore per la visita è compreso fra maggio e luglio, senza dimenticare l’autunno. In alcune occasioni vengono organizzate delle visite guidate con l’aggiunta di notizie storiche: “L’ortensia è stata introdotta dall’Oriente in Francia alla fine del ‘700, divenendo nel tempo protagonista dei giardini di ville, palazzi nobiliari, tenute di campagna e cascinali. Non è un caso che, proprio a Pinerolo e nel suo territorio, questo fiore abbia avuto un ampio successo dopo l’ultima dominazione francese e grazie ai frequenti scambi di merci e persone tra i due paesi”.
Ma le sorprese non finiscono qui. Attorno al Castello di Miradolo, ad esempio, possiamo ammirare alcuni giganti secolari. Ecco la loro carta d’identità:
Liriodedron tulipifera L., 100-200 anni di età, 493 cm di circonferenza;
Carpinus betulus L., 100-200 anni di età, 337 cm di circonferenza;
Taxus baccata L., >200 anni di età, 403 cm di circonferenza;
Ginkgo biloba L., 100-200 anni di età, 450 cm di circonferenza;
Taxodium distichum (L) Rich, 100-200 anni di età, 488 cm di circonferenza.
Si tratta di cinque alberi monumentali riconosciuti e tutelati dalla normativa italiana.
Qui potete scoprire la loro esatta ubicazione:
Pinerolo
Dopo la maestosità degli alberi monumentali, passiamo alla verticalità dei campanili secolari di Pinerolo. Questa cittadina non ha bisogno di presentazioni. Nella sua lunga storia, essendo collocata non troppo distante dal confine, è stata francese in tre diverse occasioni, ora, sfruttando la medesima collocazione, si sta rilanciando dal punto di vista turistico, artigianale e culturale. Di sicuro interesse è una visita al centro storico, alle architetture religiose che ne contraddistinguono lo skyline, e alle numerose iniziative intraprese dagli attori locali, magari degustando le prelibatezze tipiche quali la torta Zurigo, il panettone, il cioccolato e altri piacevoli prodotti, che forniscono le energie necessarie per continuare il cammino. A Pinerolo, infatti, si inizia a respirare l’aria che scende dalla vicinissima valle del Chisone. Se le prime tappe del cammino “Le strade dei forti” consentono di apprezzare la natura e la storia millenaria che hanno caratterizzato la pianura pinerolese, le successive consentono di entrare in una valle alpina e di confrontarsi con un contesto ambientale che propone continuamente nuovi stimoli.
Ricordiamoci di partire con un abbigliamento e attrezzatura adeguata per i luoghi che desideriamo visitare, avendo cura di informarci sulle condizioni meteorologiche, normative e organizzative.
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