Ambiente

Le risorse del futuro: nuove politiche economiche per governare lo sviluppo

L’intelligenza artificiale e le tecnologie digitali stanno trasformando le economie più rapidamente di qualsiasi precedente ondata di innovazione. Il cambiamento climatico non è più un rischio distante, ma una realtà vissuta che ridisegna il modo in cui costruiamo, ci muoviamo e consumiamo. Nel frattempo, l’ordine globale che un tempo prometteva prosperità e persino pace attraverso i mercati liberi e le lunghe catene del valore si sta frantumando. Le guerre in Ucraina e a Gaza, l’ondata protezionistica negli Stati Uniti e la strategia assertiva di lungo periodo della Cina indicano un mondo in cui l’interdipendenza non garantisce più stabilità. Al centro di questi sconvolgimenti si colloca la questione spesso trascurata delle risorse. Litio, cobalto, nichel e terre rare non sono semplici commodities: costituiscono l’ossatura delle transizioni verde e digitale e abilitano in modo decisivo la potenza militare. La loro criticità deriva meno dalla geologia che dalla geografia: chi estrae, chi lavora, chi controlla. L’estrazione è distribuita in modo diseguale a livello globale, la lavorazione è concentrata in Cina e la domanda è trainata dalle grandi economie industriali. Questa asimmetria genera vulnerabilità sistemiche sia per i produttori sia per i consumatori.

Questa lecture esplora come il collasso del paradigma della globalizzazione anni ‘90, la divergenza delle strategie di Stati Uniti e Unione europea e l’azione del Sud globale stiano ridisegnando la politica delle risorse – e quali implicazioni ciò comporti per costruire futuri più resilienti e giusti… Nei dibattiti globali su clima, tecnologia e sicurezza, le risorse appaiono spesso sullo sfondo – come se fossero semplicemente fattori di produzione da gestire. Eppure, in questo momento di crisi e transizione, queste assumono un ruolo centrale. Le tecnologie digitali e l’intelligenza artificiale stanno trasformando le economie più rapidamente di qualsiasi innovazione precedente. Il cambiamento climatico non è più un rischio astratto, ma una realtà materiale che ridefinisce il modo in cui costruiamo, ci muoviamo e consumiamo. Nel frattempo, l’ordine globale che prometteva efficienza – e persino pace – attraverso i mercati liberi e le lunghe catene di approvvigionamento si sta deteriorando.

Le guerre in Ucraina e a Gaza, l’ascesa del protezionismo negli Stati Uniti e l’assertività strategica della Cina indicano nella direzione di un mondo in cui l’interdipendenza non garantisce più stabilità. Un aspetto spesso trascurato in questa discussione è che le risorse non sono mai neutrali. Non sono intrinsecamente “preziose” o “scarse”. Ciò che chiamiamo risorsa è un costrutto sociale e tecnologico, modellato da traiettorie di innovazione, possibilità di sviluppo economico e contese geopolitiche… Il titolo di questa serie di Veca Lectures, Dalla crisi alla cura, ricorda che il compito non è solo quello di diagnosticare crisi, ma di elaborare risposte. Con le Mpc, la posta in gioco è chiara. Non sono soltanto componenti della produzione, ma elementi fondanti delle società che stiamo costruendo. La domanda è: riprodurremo vecchi schemi di estrazione e dipendenza, o useremo questo momento per costruire nuove alleanze, nuove strategie industriali e nuove forme di cooperazione? L’Europa non può permettersi di trattare i paesi ricchi di risorse come semplici fornitori da gestire. Deve coinvolgerli come partner, riconoscendone l’agency e le priorità. Come ha avvertito l’European council on foreign relations, i governi africani sono meno interessati a checklist Esg che a lavoro, infrastrutture e industrializzazione – ambiti in cui Cina e Paesi del Golfo già offrono pacchetti attraenti.

Se l’Europa non allinea la propria proposta a queste priorità, la sua offerta resterà poco convincente. In fin dei conti, la resilienza non deriverà solo da una maggiore regolamentazione. L’Ue ha bisogno di riforme concrete per sbloccare investimenti e finanziamenti, rafforzare estrazione e lavorazione interne e sviluppare capacità lungo l’intera catena del valore. Deve valorizzare i propri vantaggi comparati – nell’ingegneria, nei servizi ambientali e nella ricerca e sviluppo – integrandoli in un più ampio rinnovamento industriale. Solo combinando riforme interne con partnership credibili all’estero, l’Europa potrà conciliare la promessa delle transizioni verde e digitale con una ridotta vulnerabilità. Il futuro delle risorse non è tecnico. È politico. Le società che costruiremo rifletteranno le scelte che faremo – sul potere, sulla vulnerabilità e sui futuri che sceglieremo di curare.


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