Le richieste di Putin, le linee rosse di Europa e Ucraina, l’idea di Trump: tutti i piani degli attori in campo
A cinque giorni dall’atteso vertice in Alaska tra Vladimir Putin e Donald Trump, la diplomazia internazionale è in piena fibrillazione. Sullo sfondo resta il conflitto in Ucraina, con un processo di pace ancora fragile e un mosaico di interessi divergenti. Le indiscrezioni filtrate da Washington, Bruxelles e Mosca delineano un quadro complesso, in cui la definizione dei confini, le garanzie di sicurezza e la tempistica del cessate il fuoco si intrecciano con calcoli geopolitici e obiettivi interni.
Putin reclama il Donbass: pace o resa?
Le intenzioni del Cremlino emergono da una nebbia di ambiguità e fonti riservate. Secondo il Wall Street Journal, durante un incontro con l’inviato statunitense Steve Witkoff, Putin avrebbe proposto un cessate-il-fuoco in cambio del pieno controllo russo sulle intere regioni di Donetsk e Lugansk, ovvero il cuore del Donbass. Parallelamente, Bloomberg riferisce richieste ancor più estese: Mosca vorrebbe che Kiev rinunci non solo al Donbass, ma anche alla Crimea, formalizzando così le annessioni passate, in cambio di una tregua e del “congelamento” di parti del fronte meridionale. Inoltre, poche ore fa, era stato il quotidiano tedesco Bild a rivelare che, durante il colloquio del 6 agosto con il leader del Cremlino, l’inviato speciale statunitense avrebbe interpretato erroneamente una richiesta russa di “ritiro pacifico” delle forze ucraine da Kherson e Zaporizhzhia, scambiandola per un’offerta di Mosca a ritirare le proprie truppe da quelle stesse regioni.
Questi termini, battezzati da molti come una resa mascherata da diplomazia, rischiano di sancire de facto la vittoria territoriale russa sotto il velo della pace. Il timing del summit di Alaska – annunciato l’8 agosto, proprio mentre scadevano gli ultimatum statunitensi sulle sanzioni – ha alimentato il sospetto che Mosca abbia ottenuto una tregua informale in cambio di questa apertura negoziale.
Europa in cordata: no a decisioni senza l’Ucraina
In risposta alle mosse di Mosca, le capitali europee hanno lanciato una linea diplomatica coerente ed energica. In un incontro nel Kent, sotto l’egida del ministro britannico David Lammy, i leader di Francia, Italia, Germania, Polonia, Finlandia e la Commissione europea hanno firmato una dichiarazione che afferma senza equivoci che i negoziati di pace non possono procedere senza il coinvolgimento diretto dell’Ucraina. E questo potrebbe complicare non poco l’attesissimo faccia a faccia tra i leader di Washington e Mosca. Li accompagna un chiaro avvertimento: nessun cambiamento dei confini sarà accettabile se imposto con la forza.
Il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, inoltre, si fa promotore della presenza di Zelensky al summit Trump-Putin in Alaska. “Speriamo e presumiamo che il governo ucraino, che il presidente Zelensky, partecipi a questo incontro“, ha dichiarato in un’intervista all’emittente Ard. La coalizione ha inoltre delineato un piano strategico già discusso al vertice di Londra: mantenimento dell’assistenza militare a Kiev, pressione economica rafforzata su Mosca, garanzie di sicurezza con disponibilità a un impegno sul campo e la precondizione della presenza ucraina in tutte le fasi negoziali. Una risposta chiara a qualsiasi proposta che escluda formalmente o de facto Kiev.
Zelensky: nessuna resa, solo resistenza
Da Kiev, il presidente Volodymyr Zelensky ha risposto con fermezza. “Non regaleremo la nostra terra all’occupante”, ha dichiarato, ribadendo che la pace non si negozia con la cessione territoriale. Aggiunge che ogni trattativa unilaterale rischia di trasformarsi in una trappola geopolitica, con Kiev costretta ad accettare soluzioni imposte da potenze esterne. Alla stessa stregua, Zelensky ha espresso gratitudine all’Europa per il sostegno politico e diplomatico, sottolineando però che l’obiettivo principale rimane proteggere gli interessi ucraini e preservare la possibilità di resistere, anche a costo di una guerra lunga. L’ipotesi di un accordo bilaterale tra Washington e Mosca che ridisegni i confini senza il pieno coinvolgimento di Kiev rappresenta per la leadership ucraina lo scenario peggiore.
Il presidente ucraino al momento non è stato invitato all’incontro di venerdì in Alaska tra il presidente Trump e il presidente Putin ma “è possibile” che vi possa partecipare. Lo ha affermato in un’intervista alla Cnn, Matthew Whitaker, ambasciatore statunitense presso la Nato. “Non è stata ancora presa alcuna decisione“, ha aggiunto. “Penso certamente che sia possibile “, ha sottolineato Whitaker. “Ovviamente la decisione spetta al presidente. C’è tempo per prenderla, al momento non è stata presa“, ha aggiunto.
Gli Stati Uniti: tra Trump e quel che resta dell’eredità di Biden
Trump aveva promesso di “chiudere il conflitto in 24 ore”, anche a costo di riconoscere conquiste territoriali russe, e il vertice in Alaska con Putin appare il primo banco di prova di questa strategia. Trump lascia intendere un approccio diretto, improntato a una trattativa pragmatica e veloce, con possibili concessioni su quattro regioni occupate – Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson – oltre alla Crimea. Questa linea rappresenta una netta discontinuità con quella del suo predecessore, Joe Biden, che aveva puntato su un sostegno militare e finanziario a lungo termine a Kiev, rafforzando la NATO e mantenendo una pressione economica costante su Mosca. L’orientamento attuale di Washington preoccupa molte capitali europee e, soprattutto, Kiev, che teme di essere spinta verso un compromesso territoriale in cambio di una tregua che potrebbe rivelarsi temporanea.
Intanto, un JD Vance carico a pallettoni, in un’intervista a Fox, ha dichiarato che l’accordo alla fine “non renderà felici né la Russia né l’Ucraina“. Ha spiegato di non credere che un incontro tra Putin e Zelensky sarebbe produttivo prima dell’incontro con Trump, aggiungendo che alla fine è il presidente americano a dover riunire le due parti. Ha affermato che gli Stati Uniti parleranno con l’Ucraina e manterranno aperto il dialogo, ma ha precisato che fondamentalmente si tratta di una questione in cui il presidente deve costringere Putin e Zelensky a sedersi a un tavolo.
La linea di Washington trova totale consenso nelle alte sfere Nato: “L‘incontro fra Donald Trump e Vladimir Putin “sarà importante perché si tratterà di mettere alla prova Putin per capire quanto seriamente intende porre fine a questa terribile guerra“, ha detto il segretario generale della Nato Mark Rutte in un’intervista a Abc, sottolineando che l’incontro è un valido punto di partenza ma nessun accordo è possibile senza l’Ucraina o senza considerare la sicurezza e l’indipendenza di Kiev.
“Si parlerà di territorio. Si tratterà di garanzie di sicurezza, ma anche dell’assoluta necessità di riconoscere che l’Ucraina decide il proprio futuro, che deve essere una nazione sovrana“, ha osservato Rutte.
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