Toscana

Le origini del fascismo, nuova edizione per il libro di Mannino


Come nasce un fascismo? E’ il tema di cui si occupa Salvatore Mannino in una nuova edizione, arricchita e aggiornata, del suo libro delle origini del fascismo ad Arezzo, che torna in libreria a distanza di vent’anni, con un  titolo diverso, “La marea nera”, e con l’aggiunta di un apparato iconografico di oltre venti foto d’epoca, tutte accompagnate da un testo esplicativo che consente all’autore di spingersi ben oltre il periodo delle origini per addentrarsi, sia pure per accenni, negli anni del Regime, affrontando questioni come quella del consenso, di cui il fascismo indubbiamente godette, e del totalitarismo che lo caratterizzò. Il clima nel quale il volume riappare in libreria è quello di un rinnovato interessato per il tema fascismo, anche alla luce della situazione politica odierna del paese.

Ma il cuore del libro resta la ricostruzione della Grande Guerra ad Arezzo, che fu la vera incubatrice delle parole d’ordine di cui si farà forte il fascismo aretino, e di un agitato dopoguerra, a cominciare dal Biennio Rosso 1919-1920 in cui la politica delle sinistre, orientata a un massimalismo puramente verbale, agevolerà l’affermazione della reazione fascista. L’offensiva dello squadrismo investirà in pieno il capoluogo e la provincia a partire dal marzo 1921, tacitando in meno di due mesi ogni voce di opposizione di sinistra, con la violenza intesa quale strumento ordinario di lotta politica, attraverso episodi di inaudita ferocia, quali i fatti di Castelnuovo e San Giovanni Valdarno del 23 marzo (due vittime), la conquista di Arezzo il 10 aprile (un altro morto) e soprattutto i fatti di Renzino della domenica di sangue 17 aprile (ben 12 vittime, 3 squadristi uccisi in un’imboscata, 9 di parte opposta caduti nella violentissima rappresaglia. Da febbraio a giugno 1921, nel periodo di maggior virulenza dello squadrismo, ben 23 delle 75 vittime in Toscana di una vera e propria guerra civile strisciante, furono registrate nell’Aretino.

L’episodio di Foiano (di cui Renzino è una località) consente all’autore di occuparsi anche dell’atteggiamento dello stato dinanzi all’offensiva fascista, apertamente complice nell’apparato locale e nelle forze dell’ordine, mentre il governo centrale, presieduto da Giovanni Giolitti tenta inutilmente di contrastare le connivenze delle autorità periferiche e dei militari.

L’autore si occupa inoltre della religione della politica che stava alle spalle delle azioni concrete dei fascisti, dei miti, dei riti, delle liturgie che accompagnarono l’azione dello squadrismo e del fascismo locale e che poi si sarebbero cristallizzate appunto nel mito primigenio di Renzino, destinato a caratterizzare l’intero ventennio, e del suo protomartire, Aldo Roselli, unico squadrista aretino ucciso nell’imboscata dei militanti di sinistra.

Il fascismo aretino, come ogni movimento populista, parola oggi tornata di stretta attualità, si divise poi fra l’anima più strettamente fedele a tale linea, espressione dei ceti medi urbani e rurali, e la componente conservatrice, legata alle vecchie classi dirigenti. E’ la classica distinzione di Renzo De Felice fra fascismo-movimento e fascismo-regime, che qui si manifesta nello scontro all’ultimo sangue fra il segretario provinciale Alfredo Frilli, portavoce dell’ala populista, e il deputato, poi sottosegretario alla pubblica istruzione del primo governo Mussolini, Dario Lupi, che si concluderà con la vittoria di quest’ultimo e l’emarginazione dell’altro.


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