Scienza e tecnologia

le novità che sogniamo per il prossimo capitolo della saga

Quando nel 2018 Bethesda ci ha mostrato quel breve teaser, The Elder Scrolls VI è diventato quasi una figura mitologica. Gli anni passano, i giochi evolvono, ma la promessa di un nuovo capitolo resta sospesa. Ma oggi, con la notizia di un primo playtest interno, l’hype si accende un po’.

Ma cosa ci aspettiamo, davvero, da The Elder Scrolls VI?

Come prima cosa, partiamo dalla data d’uscita. È chiaro che è ancora ben lontana, ovviamente. Howard ha parlato apertamente di un progetto “a lunga distanza”, un’ipotesi realistica quindi potrebbe essere il 2027 (tra l’altro una teoria si è spinta oltre, dando una data precisa di uscita per The Elder Scrolls VI). Sarebbe in linea con le parole di Howard, anche se il solo pensiero è logorante. Ma è il destino dei grandi titoli Bethesda, quasi come se l’attesa facesse parte dell’esperienza.

Guardando invece al lancio di Starfield nel 2023 e l’accordo in essere tra Bethesda e Microsoft, potremmo aspettarci un’esclusiva Xbox e PC, con pubblicazione diretta su Game Pass. Funzionerebbe? Beh, da un lato verrebbe mantenuta la promessa dell’ottimizzazione, dall’altro, ovviamente, spaventerebbe chi sperava in un’uscita anche su Playstation.

Sull’ambientazione, invece, Hammerfell e High Rock sembrano ormai quasi scontate, forse. Il teaser mostrava falesie sul mare e deserti sabbiosi che ricordano l’Alik’r, dopotutto. Un ritorno lì dove il vento soffia storie di maghi erranti e cavalieri, tra sabbia e pietra, nell’ovest di Tamriel. Bethesda non ha confermato nulla, ma il fascino di quella zona è troppo forte per non farci fantasticare.

Tecnicamente, ci si aspetta un Creation Engine 2 finalmente maturo. Dopo Starfield, la speranza è che la nuova versione del motore riesca a gestire mappe più dense, animazioni più fluide e routine NPC più credibili. Immaginate città brulicanti di NPC con abitudini quotidiane, sistemi di crimine realistici, reazioni sociali più complesse. Una Radiant AI in grado di sorprendere, non solo di riempire. È un sogno ambizioso, ma dopo Skyrim (e 14 anni di mod che hanno tenuto viva la sua anima), nessuno vuole accontentarsi di un semplice restyling.

Non ci aspettiamo per forza un mondo più grande, anzi, ma più vivo sì, sicuramente. Sarebbe perfetta una fusione tra libertà di Morrowind e la complessità di Oblivion, ma senza perdere la scala epica di Skyrim.

Sarebbe anche molto bello un ritorno all’anima da GdR “hard”. Niente più semplificazioni. Attributi, classi, incantesimi da costruire, scelte che abbiano un peso reale con conseguenze che influenzino tutto ciò che ci circonda. Magari con un sistema di fazioni che possa intrecciare le linee narrative, creare conflitti interni che vanno avanti anche quando il giocatore non è coinvolto, con percorsi esclusivi che si creano in base alle scelte che facciamo.

Che dire invece del combattimento. Un corpo a corpo più fisico non sarebbe male, con parate reattive, colpi che pesano, una magia che cambia l’ambiente circostante in tempo reale e un’intelligenza artificiale meno prevedibile. Lo stesso vale per la magia. Poterla personalizzare e costruire da zero come ai tempi di Morrowind, con uno “spellcrafting profondo”. Questo lo renderebbe un gioco di ruolo vero a 360 gradi.

E poi il modding, Skyrim ci ha abituati troppo bene e Bethesda lo sa. Se il precedente capitolo è sopravvissuto quattordici anni è proprio grazie alla sua community. Per questo ci aspettiamo un Creation Kit potente, integrato fin dal lancio. Le mod non sono più un contorno, sono parte dell’identità della saga.

Non mi aspetto, invece, un sistema live-service: l’idea di un Elder Scrolls con microtransazioni mi fa tremare le vene nei polsi, come immagino a molti altri veterani.

Insomma, le aspettative sono alte. L’hype è così grande che potrebbe essere insostenibile. Gli ex sviluppatori Bethesda lo hanno detto chiaramente: le aspettative potrebbero essere quasi impossibili da colmare.


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