Le minacce, la pistola alla tempia. Il boss comanda se devi vivere o morire
Un campo desolato, terra secca e silenzio agghiacciante. Un uomo inginocchiato, la paura che sale, il fiato corto. Una pistola puntata alla tempia. Non è il fotogramma di un film criminale, ma la scena reale della nuova criminalità laziale. Un mondo dove le regole non esistono più e il potere si impone con il sangue e la paura.
A sud della Capitale, tra Aprilia, Velletri e Lanuvio, si estende un territorio fragile, già colpito da infiltrazioni mafiose. Lì, il traffico di droga e le piazze di spaccio sono diventate terra di conquista per i narcos albanesi, che usano bande straniere come braccio armato.
Il video del sequestro, ritrovato sul cellulare di due cittadini dominicani fermati a Cassino, mostra tutta la crudeltà: urla, botte, e un colpo sparato a bruciapelo nello stomaco. I sequestri, avvenuti a giugno 2024, avevano un obiettivo preciso: recuperare un credito e ottenere informazioni sulle piazze da controllare.

Dietro le quinte, i nomi sono noti. A orchestrare tutto, secondo la Direzione distrettuale antimafia, sarebbe Alban Cjapi, imprenditore di Velletri già legato alla rete di Elvis Demce e Ermal Arapaj. Un volto che riemerge dal passato, quando fu intercettato mentre parlava di una partita di droga in un compro oro di Giulianello.
Oggi, a distanza di anni, quelle realtà tornano più vive che mai. E raccontano di un’agro romano dove il crimine non si limita più a operare in segreto. Lo fa alla luce del sole. Armato, organizzato, e pronto a uccidere per il controllo del territorio.
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