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Le minacce da Trump e gli Iskander di Putin: la guerra in Ucraina entra in una nuova fase

Mentre la diplomazia internazionale resta impantanata, le forze russe intensificano la pressione militare sull’Ucraina con nuovi e devastanti bombardamenti notturni che hanno colpito diverse aree del Paese, inclusa la capitale Kiev. Tra gli obiettivi anche un centro di addestramento strategico nella regione di Chernihiv, colpito con missili balistici Iskander. Secondo Mosca, il raid avrebbe causato circa 200 tra morti e feriti nelle fila ucraine.

Il Cremlino, sempre più impermeabile agli avvertimenti occidentali, sembra non arretrare nemmeno di fronte alla minaccia di nuove sanzioni statunitensi. Donald Trump ha concesso a Vladimir Putin un ultimatum di dieci giorni per cessare le ostilità, promettendo dure misure economiche in caso contrario. Ma lo stesso tycoon ha ammesso i propri dubbi sull’efficacia delle ritorsioni, dichiarando apertamente che “è evidente che Putin intende proseguire la guerra”.

Il ministero della Difesa russo ha riferito che l’attacco a Goncharovskoye ha colpito il 169º centro di addestramento della riserva strategica dell’esercito ucraino. Dopo il lancio degli Iskander, sarebbero stati impiegati anche ordigni a submunizioni, meglio noti come testate a grappolo. Secondo l’intelligence russa, l’operazione avrebbe inferto “gravi perdite”. Tuttavia, la versione ucraina ridimensiona l’accaduto: lo Stato maggiore ha parlato di 3 soldati deceduti e 18 feriti. È stata aperta un’inchiesta per accertare eventuali negligenze da parte del comando militare. “Chiunque, per azione o omissione, abbia contribuito a queste perdite, dovrà risponderne”, ha avvertito una fonte interna. Le Forze armate russe hanno preso anche il controllo dell’insediamento di Temirovka nella regione di Zaporizhzhia. Lo ha reso noto il ministero della Difesa russo. Il dicastero ha precisato che l’insediamento è stato conquistato dalle unità del raggruppamento “Vostok”.

La questione della formazione delle truppe resta un punto critico per l’Ucraina, impegnata nel difficile compito di rimpiazzare le forze logorate dal conflitto. Già nei mesi scorsi, a maggio e giugno, altri centri di addestramento erano stati colpiti, causando decine di vittime. Quegli attacchi avevano portato alla rimozione del generale Mykhailo Drapatyi, allora a capo delle forze di terra, sostituito dal generale Hennadii Shapovalov.

Sul fronte interno, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è alle prese con un clima politico incandescente. Domani, il parlamento di Kiev voterà una nuova legge per restituire piena autonomia a due agenzie anticorruzione, dopo che una norma approvata in fretta la scorsa settimana ne aveva limitato l’indipendenza. Il blitz legislativo aveva provocato proteste in piazza e forti pressioni da parte dei partner europei, costringendo Zelensky a un brusco dietrofront.

Intanto, dal Cremlino arriva una replica sprezzante alle minacce americane. “Prendiamo atto delle dichiarazioni di Trump”, ha commentato il portavoce Dmitri Peskov,”Viviamo da diverso tempo sotto una quantità enorme di sanzioni e la nostra economia funziona“, ha dichiarato alla Tass all’indomani delle parole di Trump. “Certamente, abbiamo già acquisito una certa immunità“, ha aggiunto. Un segnale chiaro: Mosca non intende cedere, mentre la guerra si avvia verso una nuova, incerta escalation.

Nonostante oltre due anni di sanzioni occidentali, la Russia ha dimostrato una sorprendente resilienza economica, mitigando l’impatto delle misure punitive grazie a una strategia che combina elusione, sostegno da partner non sanzionatori e un’economia sempre più militarizzata. Le sanzioni hanno inciso sul settore energetico e sull’accesso a tecnologie avanzate, riducendo il PIL e aumentando l’isolamento finanziario, ma Mosca ha risposto aggirando i blocchi con esportazioni verso Cina, India e Turchia, sviluppando una flotta ombra per il trasporto di petrolio sotto embargo e puntando su una spesa bellica record pari al 6% del PIL.

Se il Cremlino afferma di aver ormai sviluppato una “immunità” alle sanzioni, gli analisti occidentali confermano che l’economia russa mostra segnali di stress – come l’inflazione crescente, l’esaurimento del fondo sovrano e il rallentamento previsto della crescita nel 2025 – ma non tali da spingere Vladimir Putin a cambiare rotta. Studi internazionali sottolineano che storicamente solo una piccola percentuale delle sanzioni riesce a modificare comportamenti politici strutturali.

La loro efficacia futura dipenderà dalla capacità dell’Occidente di intensificarle, coordinarle a livello globale e chiudere le vie di fuga attualmente sfruttate dal regime russo, soprattutto nel commercio energetico e nell’import parallelo di tecnologie militari.


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